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"Non sono Mancini o Mourinho"

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2008 15:43
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15/07/2008 14:19

Secondo voi queste dichiarazioni da dove potevano venire?
Ovviamente da Verona.

Articolo tratto da www.larena.it
Autore: Renzo Puliero

La Tezenis riparte da Pippo Faina per dare corpo ad un progetto tendente a riportare Verona nel grande basket nel giro di cinque anni. Sarà lui a guidare la squadra del Basket Scaligero nel prossimo campionato di B2. Il presidente Giuseppe Vicenzi l’aveva detto: «Mi piacerebbe ripartire da lui e spero di convincerlo». Non ci è voluto molto. I contatti erano avviati da tempo e si sono concretizzati con piena soddisfazione delle parti.
Dan Peterson definisce Pippo Faina "il più grande cranio di basket in Italia, un genio cestistico a dir poco", "il coach da Sos"per le innumerevoli "patate bollenti" gestite nell’arco della sua carriera. E’ una carriera lunga («la prima tessera è del giugno 1967») quella di Pippo Faina, discendente di Napoleone («per la precisione, dal fratello di Bonaparte, Luciano: una figlia della figlia ha sposato Zeffirino Faina, mio bisnonno, padre di mio nonno Napoleone, padre di mio padre Paolo») con panchine importanti come Milano, Roma, Rimini, Reggio Calabria, Padova, Sassari, Chieti, Vigevano, finalista scudetto nel 1973-1974. E’ reduce dall’esperienza di Ozzano, in B1.
Faina, dove eravamo rimasti?
«Eravamo rimasti all’Eurolega ed ora ripiglio dalla B2 con lo stesso entusiasmo, con la stessa voglia in una città come Verona a cui piace molto un basket divertente. Sono qui per questo».
La sua Scaligera divertì molto.
«Credo che quella dell’anno della semifinale scudetto con Bullock e Beric sia stata la più bella vista a Verona. E nella stagione dell’Eurolega, con Conlon e Williams, Bullock e Schmidt, Albano e Crippa, almeno sino a gennaio, prima dei guai e che la squadra di sfasciasse perché dietro non c’era più sostegno societario, l’anno era stato magnifico. Era una squadra vera anche quella, di primissimo livello. Purtroppo, anche i giocatori ne risentono quando la società traballa, non solo dal lato economico, ma anche come struttura».
Dopo Verona, dove è stato?
«Milano, Sassari, Vigevano. Poi, negli ultimi tre anni, sono sceso in B1 per conoscere, per dirla con gli americani, le "minors". E devo dire che, almeno in B1, ho trovato un livello eccellente di giocatori italiani. E ci si divertiva».
Conosce la B2?
«No. E non avevo la minima intenzione di scendere di categoria, ma quando Vicenzi in primis e Fadini alla pari mi hanno detto che partiva un nuovo, grande progetto pluriennale e che mi volevano qui, ben volentieri sono tornato per divertirmi con il basket veronese e per divertire i tanti appassionati di questo sport».
Qual è il suo programma?
«Fare il professionista alla Tezenis e allenarla al meglio. La squadra ha concluso una buonissima stagione, dovremo ripeterla e provare a migliorarla. E, se possibile, vincere».
Ma?
«Come tutti i campionati di mezzo, la classifica è cortissima. Tra la prima e l’ultima, la differenza tecnica è nulla. Il risultato è spesso determinato da episodi, da una chimica trovata piuttosto che non trovata, da un infortunio, tutte cose che possono sballare completamente un anno e una classifica. Dire che vinceremo in A2 è come dire che vado a vincere al casino di Saint Vincent. L’obiettivo sarà fare al meglio dal punto di vista tecnico per fare il miglior risultato possibile. Poi, per programmi futuri, chiedete ad altri».
Come sarà la Tezenis?
«Più o meno quella dell’anno scorso. Grandi rivoluzioni non ne facciamo. L’ossatura va mantenuta. Si cercherà di fare qualche ritocco importante, ma al di là non si andrà».
Che tipo di basket cercherà di attuare?
«Per l’esperienza fatta in B1, vince chi ha più coraggio per aggredire. Se ce l’hai, corri e salti con facilità. E vinci. Partiamo da questa filosofia e vedremo di costruire i giocatori, la squadra e tutto il resto».
Attirato dal progetto pluriennale perché il grande basket torni a Verona?
«Mi hanno attirato le persone, Vicenzi e Fadini. Ed è stimolante ci sia un progetto pluriennale. Ho accettato con gioia questa nuova esperienza veronese».
Porterà un suo staff?
«No, no. Non sono Mancini o Mourinho. Ho sempre avuto facilità a sintonizzarmi con i miei collaboratori, sempre presi in loco ed ho sempre trovato grande collaborazione».



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