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Ma i vegani...

Ultimo Aggiornamento: 04/10/2016 20:10
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24/03/2013 18:38

... cosa danno da mangiare ai loro animali domestici? [SM=g2486704]



24/03/2013 19:39

La Trudi è vegana. Gli animali domestici dei miei conoscenti vegani sono tutti vegani. Il problema peraltro per i cani non esiste proprio. Coi gatti c'è un minimo sbattimento, ma niente di eccezionale.
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24/03/2013 21:48

I gatti se li lasci in giardino, tra topolini e lucertole la carne se la trovano da soli. Peno comunque sia importante la carne nella dieta dei cani. Già l'uomo ne ha bisogno per la vitamina B12...
boh?



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25/03/2013 00:34

Ottima spammata! [SM=g10161]
La mia ragazza, che è una pseudo-vegetariana, vuole fare di me un feroce vegano (addirittura mi parla di pizza senza mozzarella, ma si può? E come dire Parigi senza la torre Eiffel! [SM=x52092]), per adesso ho rinunciato al cavallo, all'agnello e al maiale (che "fa male, non si può toccare", chi beccherà la citazione meriterà la mia ammirazione perpetua), ma continuo con pollo, tacchino, mucca (molto raramente) e pesce di tutti i tipi (viva il sushi!).
Qualsiasi vegano ti riponderebbe che gli animali cacciano ed è nella loro natura consumare carne: "per noi è diverso".
Sè sè (kenco style).
Io cerco di limitare la carne solo perché ritengo che gli animali siano esseri intelligenti e che non meritino di morire così facilmente: chi consuma la loro carne almeno ne dovrebbe essere consapevole, né più né meno.
Ma non nel senso "non si dovrebbe fare", anzi.



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25/03/2013 11:45

Io sono molto combattuto, dire che almeno non si dovrebbe allevarli intensamente negandogli una vita decente, e produrre carne a livello industriale oltre il necessario (non immagino quanta carne che finisce negli scaffali resta invenduta e viene distrutta. Polli ammassati in gabbie con le luci di notte o mucche che neanche possono pascolare, è un'assurdità. Tutto questo per far abbuffare gli ingordi, che poi spendono soldi per dietologi e palestre.
I nostri antenati allevatori accudivano gli animali con amore, anche se poi li dovevano uccidere, però (sembra una cazzata) assumeva quasi una forma di sacrificio necessario per la vita degli amici umani.



25/03/2013 12:48

In realtà ho scritto una minchiata. Intendevo vegetariana. In sostanza non mangia scatolette. Mangia le sue crocchette due volte al giorno e due tuorli d'uova a settimana. La carne la mangia solo in circostanze particolari (feste comandate e mio e suo compleanno). Vi posso assicurare che sta bene e a sette anni suonati rompe i coglioni e combina disastri come se avesse sette mesi.
L'Alessia comunque non ha torto: essere vegetariani """non ha senso""" (con tutte le virgolette dell'universo, capiamoci) se lo fai esclusaivamente per uno scrupolo di benessere animale, perché gli animali da uova o da latte non sono trattati meglio di quelli da carne.
Da parte mia il discorso sarebbe molto lungo e con parecchie divagazioni e, anche se odio questa frase, adesso non ho tempo.
25/03/2013 14:19

ve la dedico:



A febbraio scannare il maiale


Nell’immaginario collettivo, da nord a sud, il giorno in cui veniva ucciso il maiale è rimasto indelebilmente impresso come un momento di tragedia e di verità. Anche oggi, in tempi in cui ben pochi possono dire di avere partecipato ad un evento del genere, esso è bene presente nella memoria di ognuno e ben conosciuto in ogni suo dettaglio dalla più parte degli Italiani, proprio perché l’elemento emotivo e sconvolgente di quanto accadeva è stato trasformato in racconto mitico e tramandato di generazione in generazione, essendo le origini di noi italiani al 90% contadine.
Nell’uccisione di maiale non c’era nulla di gratuitamente crudele, nulla di insensatamente violento, nulla di irrispettoso e degradante. Al contrario, tutto avveniva secondo una logica chiara e netta e dava a ciascuno partecipante una visione più limpida e più profonda del proprio stare al mondo, proprio perché mostrava il lato tragico e inconfessabilmente iniquo della vita. In questo senso era un rito religioso, proprio alla maniera degli antichi sacrifici dei nostri avi Greci e Romani, e, al tempo stesso, un fatto tragico, ossia un momento di purificazione attraverso la presa di coscienza del limite del nostro cercare un senso umano al vivere, cozzando questo contro la necessità divina che governa l’ordine delle cose e che è assolutamente avversa e incomprensibile nei suoi scopi finali al desiderare e al concepire umano. L’animale – in Emilia non a caso il maiale viene appunto chiamato nimal, cioè il vivente generico e universale – viene allevato giorno per giorno se non in casa, nei pressi di casa, curato con cura perché non si ammali e deperisca, alimentato quasi con lo stesso cibo che si mangia in casa, per arrivare al giorno in cui viene tratto dalla sua stalla, abbrancato da cinque o sei uomini robusti, sgozzato con un coltello affilato affinché il suo sangue defluisca interamente dalle sue vene, quindi messo a bagno in acqua bollente, raso con cura pietosa e meticolosa di tutte le sue setole, infine appeso ad una croce e sventrato delle sue interiora, quindi macellato con minuzia e tecnica perfetta affinché ogni parte del suo corpo possa essere utilizzata proficuamente per uso alimentare.
Per un misterioso processo empatico, il maiale era perfettamente conscio di quello che stava per accadere già molte ore prima che la sua esecuzione avvenisse. Cercava rifugio nell’angolo più profondo della sua stalla, grugniva e gridava disperato quando gli uomini cominciavano a trascinarlo verso il luogo del supplizio.
Come negli antichi riti di sacrificio, le donne non reggevano la vista di questo spettacolo e cominciavano piangere e singhiozzare coprendosi gli occhi e invocando il perdono divino per quanto stava per accadere, gli uomini dovevano mostrare di avere il cuore e il polso fermo, ossia di essere forti abbastanza a far fronte all’orrore che, fuori di noi, si rispecchia in noi e ci impone di essere complici, di essere parte dell’orrore che ci orripila.
E allora tutto a tutti è chiaro e distinto: siamo vivi perché qualcuno muore, la nostra vita non è innocente, il nostro vivere può avvenire solo a spese di una parte di ciò che vive con noi e in noi. Diveniamo così più consapevoli, più giusti, più veri. Intanto, col procedere del lavoro, il corpo dell’antico nimal perde la sua originaria forma, ora è carne tagliata, ammonticchiata e rosea, è osso, ciccia, budello, pelle.
Così smembrato si finisce per perdere la visione dell’insieme delle sue parti e ogni pezzo comincia ad assumere una sua realtà separata e pian piano allettante: ecco qui un bel cosciotto da mettere sotto sale “senti quanto è tenero - dice Gianni a Giuseppe”, palpeggiando compiaciuto il muscolo del gluteo. E quelle frattaglie di fegato, di polmone, di cuore, belle pronte per essere messe in padella, con la fame che ci è venuta per la fatica fatta, non fanno venire una certa acquolina in bocca?
Anche le donne si sono ben riprese, e sono le più brave nel ripulire le interiora, gli intestini in particolare, dalla loro merda, affinché il budello possa poi contenere e conservare il salume. Ed ecco che pian piano il dolore e l’orrore si smorza, si fa tiepido cordoglio, si confonde con un sorriso di piacere per l’abbondanza che ci aspetta, e quando il primo fuoco sfrigola il profumo di carne fresca alla griglia, il silenzio di cordoglio si dissolve in riso e in canto di festa.
Il sapido sapore delle carne ci conforta della verità ultima della tragedia che è appunto pace e gioia: adesso sappiamo che non siamo noi ad avere fatto la vita, ad avere generato le erbe, i corvi, le serpi, gli agnelli, i tori, i nimal. Non siamo noi ad averci dato la fame e lo stomaco, il desiderio inesausto di vivere e di godere anche a costo della vita di un qualunque nimal. Noi siamo solo comparse e burattini di una recita che non abbiamo né inventato né sappiamo con quale trama andrà avanti. Possiamo fare solo la nostra parte e dunque mangiare con gusto e riconoscenza il nimal, e avere fiducia.

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25/03/2013 15:45

Grazie Condor, fa riflettere, ed è più o meno quello che intendevo io.
L'autore è tale Alfredo Morosetti.

La produzione di carne in modo industriale è ingiustificata e malsana. E in buona parte inutile.

Il rapporto della britannica Institution of mechanical engineers (Ime): due miliardi di tonnellate, pari alla metà del cibo prodotto nel mondo, di alimenti vengono distrutti; tra il 30 e il 50 % spesso senza neanche arrivare nei piatti dei consumatori e finisce in spazzatura. Una statistica approssimativa se pensiamo a quante tonnellate di prodotti agricoli non vengono colti o mandati alla distruzione per poter tenere alti i prezzi e usufruire degli aiuti economici dell’Ue.
www.imeche.org/knowledge/themes/environment/global-food



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29/03/2013 15:05

Re:
SteveH, 25/03/2013 11:45:

Io sono molto combattuto, dire che almeno non si dovrebbe allevarli intensamente negandogli una vita decente, e produrre carne a livello industriale oltre il necessario (non immagino quanta carne che finisce negli scaffali resta invenduta e viene distrutta. Polli ammassati in gabbie con le luci di notte o mucche che neanche possono pascolare, è un'assurdità. Tutto questo per far abbuffare gli ingordi, che poi spendono soldi per dietologi e palestre.
I nostri antenati allevatori accudivano gli animali con amore, anche se poi li dovevano uccidere, però (sembra una cazzata) assumeva quasi una forma di sacrificio necessario per la vita degli amici umani.



Sono d'accordo con te, capitava magari una volta all'anno ed era proprio un rito. I nostri nonni mangiavano un quarto della carne che mangiamo noi e sono vissuti più a lungo e in certi casi anche meglio.
Fossi vissuta a quei tempi sarei stata vegetariana sul serio, visto che non mangio agnello da quando una volta da piccola i miei nonni hanno fatto fuori quello con cui avevo giocato fino al giorno prima.
Per il resto, proprio da una quindicina di giorni a questa parte (Steve, la nostra solita telepatia [SM=x52092] ) ho eliminato latticini e insaccati, ridotto la carne a 1 massimo 2 volte la settimana, inserito cereali (alcuni dei quali neanche conoscevo l'esistenza), legumi, semi e verdure ricche di ferro che prima non mangiavo (tipo la barbabietola), sostituito la farina 2 con quella di farro e kamut. E' passato poco tempo ma mi è sparita la sinusite, non mi sveglio più con il naso chiuso, mi sento meno gonfia, ho perso quasi 1 chilo e mi sento più attiva e piena di energia di prima.
Questo solo per dire che sto sperimentando che al di là della scelta etica che non riesco a fare fino in fondo, sto provando sulla mia pelle che almeno ridurre alcuni alimenti di origine animale fa bene alla salute.
Ah, dimenticavo...non ho animali domestici per cui sono andata completamente OT [SM=x52092]


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29/03/2013 15:14

All'ottimo post di Lullaby volevo aggiungere che ultimamente hanno tolto l'obbligo di usare mangimi vegetali. Si tratta di una notizia passata in sordina, ma questo vuol dire centinaia di casi di mucca pazza nel giro di 5/10 anni.



29/03/2013 20:46

Però che i nostri nonni

- accudivano gli animali con amore

- sono vissuti più a lungo


non è vero.
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Leggenda del
parquet
29/03/2013 21:49

Hai tempi la carne era un bene di lusso onestamente...l'allevamento intensivo è inutile e dannoso..uscirne da consumatore pero' non è molto facile..se alla carne rossa rinuncio volentieri la bianca mi piace troppo...e penso a pasquetta..
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16/04/2013 14:30

"Piccole cattiverie vegane", ottima discussione sulla cosiddetta "violenza vegan".
Peccato che la GW abbia chiuso perché di spunti ce ne sono sempre moltissimi.



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16/04/2013 23:55

Mi ero perso il thread.

Mi spiace il trauma infantile di Lulla, a me l'agnello non piace proprio. Probabilmente più che la riduzione di carne è la varietà di nutritivi che può aver dato effetti positivi.

Fire, tra il trattare con amore o stivare in gabbie animali a mangiare chissà cosa fino a ingozzarsi ce ne passa. Ovviamente i nostri nonni (e bisnonni) vivevano meno a lungo perché c'erano malattie infettive meno guaribili di ora.



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17/04/2013 00:11

Oggi ho letto un augurio di cancro da parte di una vegana a un'altra persona che aveva scritto "E allora?" sulla vicenda della carne equina.
Vegan violence rages on! [SM=x52092]



17/04/2013 12:13



SteveH, 16/04/2013 23:55:


Fire, tra il trattare con amore o stivare in gabbie animali a mangiare chissà cosa fino a ingozzarsi ce ne passa. Ovviamente i nostri nonni (e bisnonni) vivevano meno a lungo perché c'erano malattie infettive meno guaribili di ora.



Lo so (infatti il problema del nostro rapporto cogli animali non è come li facciamo morire, ma come li facciamo vivere). Ma l'hai scritto tu che li trattavano con amore, mica io.

Va bene, è un discorso lungo (ogni epoca ha le sue malattie, i suoi valori, i suoi frizzi, lazzi, sdazzi e (don) mazzi), ma dire che vivevano più a lungo non è vero.
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17/04/2013 13:24

Ahahah è vero, non sò come mi è venuta. Un po' esagerato, ma non parlavo mica di affetto, piuttosto avrei dovuto dire con cura, anche perché se ti moriva una mucca era un bel guaio economico.

Occorre citazione [SM=g27828]


Sul fatto che si viveva meno a lungo in passato è abbastanza ovvio.
www.istat.it/it/files/2011/05/01_vita.swf
E c'entra molto anche il lavoro, la fatica che facevano i contadini non è che giovasse alla salute. Ora ci sono le aziende agricole e i piccoli proprietari terreri non vivono mica della loro attività, è una scelta nostalgica e al contrario del passato salutistica.



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17/04/2013 13:33

Quella scena è mitica a dire poco.
Primi Simpson maestri di vita.



17/04/2013 20:51

SteveIlRigiraFrittate. Guarda che tu non sei Cruciani e io non sono gli ascoltatori della Zanzara.
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17/04/2013 23:08

Re:
Davide, 17/04/2013 00:11:

Oggi ho letto un augurio di cancro da parte di una vegana a un'altra persona che aveva scritto "E allora?" sulla vicenda della carne equina.
Vegan violence rages on! [SM=x52092]





c'è da dire che gli invasati stanno ovunque e non solo fra i vegani. Comunque vedo che sul web ci sono molte persone che si incagliano proprio nell'affrontare questi discorsi

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