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1° aprile, dolci ricordi per il basket italiano

Ultimo Aggiornamento: 18/12/2016 21:23
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01/04/2008 15:03


L’ANNIVERSARIO. L’1 APRILE 1998 LA SCALIGERA BASKET, TARGATA MASH JEANS, DOPO AVER PERSO DI 6 PUNTI IN GARA-1, VINSE A BELGRADO DI 9 CONTRO LA STELLA ROSSA

E Verona entrò nella storia del basket
Dieci anni fa la conquista della Coppa Korac, primo e unico trofeo internazionale ottenuto da Verona negli sport di squadra.

A 12" dalla fine, la Stella Rossa ha in mano la palla per conquistare la Coppa. È sotto di otto punti (64-72), ma a Verona ha vinto di sei. Con una tripla metterebbe le mani sul trofeo, ma la difesa Mash è superba, il tiro avversario contrastato, Sandro Boni cattura il rimbalzo, subisce fallo, va in lunetta a meno 3"4, infila un tiro. Ed esplode la felicità. È la sera dell’1 aprile 1998 a Belgrado e la Mash regala a Verona il primo, e ancora unico, trofeo internazionale negli sport di squadra.
L’imponente Pioneer è zittito. I giocatori di Lucic sono a terra, piangono. Il pubblico scaglia monetine sul campo. I gialloblù raggiungono precipitosamente lo spogliatoio. È festa grande. Lo è anche a mille chilometri di distanza, al PalaOlimpia, davanti allo schermo gigante. Lo è, ancora, alle due e passa di notte all’aeroporto di Villafranca dove centinaia e centinaia di tifosi attendono il rientro della squadra. A Giuseppe Vicenzi è consentito l’ingresso in pista ed è sotto la scaletta dell’aereo quando il fratello Mario e il capitano Roberto Dalla Vecchia gli consegnano il trofeo.
NOTTE MAGICA. «Immaginarsi se non ricordo quella notte - riferisce il principale autore della storia scritta a più mani del basket scaligero - . Prendere una coppa del genere, per noi, “nuovi” arrivati a livello internazionale non era cosa da poco. Ricordo l’entusiasmo della notte, quando eravamo all’aeroporto in lunga attesa. L’aereo era in ritardo. La settimana prima avevamo perso in casa e la Coppa sembrava irraggiungibile. Battere i serbi in casa loro era considerata un’impresa. Dopo gli americani, erano loro i più forti. La nostra vittoria a Belgrado fece sensazione. Ricordo quella sera come una delle più belle di sempre, anche se non dimentico quella di Bologna quando conquistammo, da squadra di A2, la Coppa Italia».
L’anno prima, la Mash aveva perso la finale di Coppa Europa, a Cipro, contro il Real Madrid «e partimmo con l’intenzione di fare bella figura nella Korac». «Eravamo organizzati per riuscirci - ricorda Giuseppe Vicenzi -, ma vincerla era impensabile, almeno all’inizio. Poi, la fiducia è arrivata, partita dopo partita. È stata una gran bella soddisfazione portare un trofeo internazionale in una piazza calciofila come Verona».
CIPRO. È stata una vittoria «nata un anno prima, dalla sconfitta di Cipro». Lo dice Andrea Fadini. Già sull’aereo di ritorno dall’isola, si meditava sugli errori commessi e si facevano propositi per l’anno dopo quando la Mash avrebbe avuto Iuzzolino tesserabile come giocatore italiano. Fadini ammette: «L’anniversario mi era sfuggito». Ma spiega: «Non ricordavo perché non è l’unico risultato importante colto a livello internazionale. Certo, la Korac è trofeo prestigioso perché la competizione, a livello tecnico, andava vicino alla Coppa dei Campioni. Ma l’anno prima avevamo giocato e perso una finale di Coppa delle Coppe contro il Real Madrid. Al 99 per cento, le squadre che arrivano alla ribalta internazionale e non hanno alle loro spalle tradizione e storia, perdono le prime finali proprio per una mancanza di abitudine a vivere eventi speciali e straordinari, sotto le luci dei riflettori. A Cipro avevamo di fronte il Real di Obradovic. La vittoria nella Korac è figlia di quella finale e di quella sconfitta». Ma Fadini ricorda anche la precedente semifinale di Coppa Europa, sempre col Real Madrid, «con Kempton che all’ultimo secondo manca i due tiri liberi che ci avrebbero mandato alla “bella” contro un signor Real, guidato da Clifford Luyk». E non dimentica «l’esordio nella prima edizione dell’Eurolega moderna dove oggi c’è una “guerra santa” per arrivarci e solo un’italiana, Siena, è nel ranking europeo». Allora, invece, «Verona era nel ranking europeo».
NELLA TANA DEL LUPO. I ricordi tornano rapidamente alla mente. «Quella sera, a Belgrado - racconta Fadini - fu un film non scontato. Venivamo dalla sconfitta in un PalaOlimpia tra i più gremiti di sempre, con la gente abbarbicata sui gradini. Quella sera, avremmo riempito un impianto da sette-ottomila posti, questo è sicuro. A forza di attesa e pressione, non avevamo giocato una buona partita e, invece di vincere come ci aspettavamo, perdemmo. A Belgrado, le cose si sono completamente capovolte. Siamo andati nella tana del lupo come vittime predestinate, quindi senza nulla da perdere. Tutta Europa ci dava per sconfitti. Ci fossero stati i bookmakers, scommettere su noi sarebbe stato buttar via soldi e, magari, avremmo arricchito qualcuno». Insomma, c’erano «zero aspettative e, quindi, zero pressione».
«La Stella Rossa - dice Fadini - si sentiva già la Coppa in tasca. Invece, giocammo una partita magistrale, di grande intelligenza, pur con giocatori claudicanti come Keys, in campo con... una gamba sola. Quella squadra, aveva sì una possibile stella in Iuzzolino, ma era grande di chimica. Come sempre nei grandi successi, la chimica del gruppo ha fatto la differenza. Un giocatore umile e modesto come Brown, ad esempio, fu importante perché non alterava mai la chimica di squadra».
LA BOMBA DI IUZZOLINO. Riandare ai pensieri passati per la testa nella serata più bella del basket scaligero non è facile. Ma Fadini ricorda di «aver pensato potesse essere la volta buona quando, in un momento chiave della partita, Iuzzolino mise dentro una bomba da otto metri con una virata dorsale, ad altissimo coefficiente di difficoltà, regalando uno dei più bei gesti atletici di sempre» e sottolinea «la prestazione di Dalla Vecchia, giocatore molto particolare e istintivo che ci aveva abituato, di tanto in tanto, non sempre perché altrimenti avrebbe giocato nell’Nba, a serate clamorose, nelle quali come alzava la pano, la palla entrava a canestro». «E quella - conclude Fadini - fu una serata magica per lui, quasi come nella serata di Vitoria contro il Tau, che espugnammo con una sua clamorosa prestazione nel tiro da tre punti».
Fadini resta ancora oggi colpito dalla «gente venuta ad attenderci all’aeroporto, alla due di notte di un giorno feriale». E conferma che «la Coppa Korac era un obiettivo». Precisa: «Non voglio prendermi meriti, ma studiavo quelle stagioni in Europa in forma certosina, molte volte in modo eccessivo tanto che giocavamo meglio in Coppa che in campionato. Era talmente importante il palcoscenico internazionale che avevamo creato una società che avesse questa proiezione oltre i confini, anche attraverso una diplomazia politica molto efficace. L’arrivo di Blasone, uomo di grande esperienza internazionale, che aiutò molto Mazzon,era legato agli impegni europei».

Renzo Puliero - L'Arena

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