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Nel giorno del ritiro del numero di Danilovic, che s'inserisce tra l'anniversario della scomparsa e la data di nascita di Lucio Dalla, posto l'articolo che scrisse nel 1995 su "La Repubblica" dedicato al campione serbo, in procinto di andare a giocare nella NBA.


«La rondine con i jeans»

La prima volta che vidi Danilovic fu all'una di notte da Napoleone. Giocava ancora nel Partizan ed era venuto a Bologna per ammazzarci il giorno dopo in una partita di coppa. Era con due suoi amici e una donna molto bella, alta quasi come lui. Mi colpì molto la sua riservatezza, da come si muoveva sembrava una rondine con i jeans. Aveva i capelli così neri che sembravano davvero piume di rondine o penne da elmo cosacco. Quando muoveva le mani e le braccia lo faceva lentamente, come se remasse. Solo che, invece dell'acqua, spostava l'aria. Galleggiava benissimo nella notte semideserta di Napoleone. Qualche mese prima, parlando con Cazzola fresco boss della Virtus, dissi che, se lui avesse comprato Danilovic, non ci sarebbe stata più gara per nessuno. Cosicchè quella notte, trovandomelo davanti, cominciai a guardarlo e ad osservarlo, per capire se la mia previsione era giusta. Aveva l'aria di quello che gli piaceva stare un po' fuori da tutto, abituato in campo a difendersi dai colpi dei comuni mortali che giocavano contro di lui, sembrava anche pronto a parare le botte che molto spesso la vita tira ai più grandi. Arrivò a Bologna e non fu subito amato, perché i bolognesi amano solo quelli che capiscono: vedi McMillian, detto Culone, altro genio del basket, ma venuto qui già completo, già consacrato, o come dicono a Bologna finito (il contrario dell'apprendista sartina), cioè terminato, con più niente da imparare. Invece Danilovic ogni domenica dava l'impressione di imparare qualcosa, magari non proprio di basket, ma di quel linguaggio misterioso che lega un padre a un figlio o un dio ai suoi figli o un figlio del popolo al suo popolo lontano. Linguaggi misteriosi, stellari, apparentemente freddi, dove l'amore che tutti i giorni vediamo venduto in televisione e sui giornali sembra non esserci, ma che improvvisamente, come in una semplice addizione da terza elementare, ricompare nel risultato finale e diventa dirompente. L'applauso di giovedì sera mi ha commosso e mi commuove ancora adesso mentre scrivo. Danilovic si è spiegato a tutti con dignità e devozione, ha reso visibile il suo amore in maniera animalesca, senza lacrime, come un regalo del cielo. Appunto come fanno le rondini quando se ne vanno e ci lasciano per un inverno senza di loro e senza altre cose che insieme a loro fanno la nostra felicità. Io credo che Sasha non tornerà più o, se tornerà, non sarà proprio lui: sarà un quasi lui, senza un pezzo del suo cuore, perché quel pezzo lo ha lasciato a noi l'altra sera. Per amore, per devozione e per sempre. Ciao rondine, cerca un nuovo cielo.

LUCIO DALLA


E invece tornò a lasciare un pezzo forse ancor più grande del suo cuore ai virtussini.