Voglio darvi più elementi per comprendere come funzionano controlli e varie.
Il Coni e la Fidal hanno davvero fatto tutto il possibile perché Alex Schwazer non giungesse alla scelta che l’ha cacciato dall’Olimpiade prima di arrivarci? La domanda rimbalza in mezzo a tutto il sistema antidoping italiano, fatto di successi indiscussi, ma anche di improvvise cadute e sorprendenti assenze, che certo un caso come quello della positività all’Epo del campione olimpico della 50 chilometri di marcia inevitabilmente amplifica.
Prendete per esempio il «contratto» che il Coni ha fatto sottoscrivere a tutta la spedizione olimpica su doping, divieto di scommesse e comportamenti da rispettare a Londra. C’è persino una salatissima penale, 100.000 euro, che scatta in caso di violazione. Ora si scopre che non tutti gli atleti hanno firmato e che nell’atletica ce n’è uno che non l’avrebbe fatto: Schwazer. Naturalmente si può attribuire a una dimenticanza o a un corto circuito burocratico questa circostanza. Ma anche in questo caso colpisce che nessuno sia stato in grado di sollecitare la firma. È vero che i rapporti con un atleta top, storicamente abituato a vivere in un microcosmo tutto suo o comunque circondato da pochi intimi, si muovono sempre su un confine molto delicato, ma tutto questo è sufficiente per guardare così da lontano la sua preparazione?
Un discorso a parte va fatto per i controlli. Prima di Pechino, gli atleti olimpici si sottoposero ad almeno tre esami (Wada, Coni, federazione internazionale o nazionale non importa). Ora? Certo anche la geografia dei controlli è cambiata. Quelli delle federazioni si sono ridotti sensibilmente (nell’ordine del 20-25 per cento, compreso il calcio, quelli dell’atletica sono poche decine), mentre gli esami del Coni sono rimasti invariati con una maggiore percentuale di controlli a sorpresa, siamo ormai passati dal 10 al 20 per cento del totale, disposti da un apposito comitato. La spiegazione è: ci pensa sempre di più la Wada. Ma anche qui: basta?
Intendiamoci: non c’è un Paese del mondo dove le forme di collaborazione con l’Agenzia Mondiale Antidoping, complice la nostra legge 376 e le inchieste della magistratura italiana, sono così forti. Merito anche del Coni, sicuramente lontano dai tempi della reticenza e del laboratorio antidoping porto delle nebbie, anzi l’Acqua Acetosa è fra le prime strutture al mondo per affidabilità (17 chimici e tecnici lavorano al laboratorio di Londra, dove il vicedirettore unico in questi giorni è proprio Francesco Botrè, il capo della struttura di Roma). Ma mentre di fronte ai «casi», il Coni ha dimostrato spesso coraggio e tempestività, nella quotidianità continuano a esserci delle scelte di retroguardia. Per esempio il sostanziale divieto a tutti i medici del Coni di prendere qualsiasi tipo di posizione pubblica.
Sul piano investigativo, c’è poi una minore incisività della procura antidoping. La spinta propulsiva di una volta quando la struttura, sempre sotto la direzione di Ettore Torri, riuscì persino a «bruciare» sui tempi la giustizia ordinaria, sembra essersi fermata. In ogni caso proprio la procura antidoping ha aperto ieri il fascicolo intitolato a Schwazer, censurato anche da Mario Pescante, uno dei nostri membri Cio, con una frase durissima: «Un gesto infame». Il primo atto della Giustizia sportiva sarà la convocazione dell’atleta, che sarà poi condannato dal Tribunale Nazionale Antidoping (che intanto ha sospeso l’atleta su richiesta della procura). Rischia da due a quattro anni e mezzo, secondo il codice Wada, mentre il presidente Arese dice a Tgcom24: «Diamogli la possibilità di riscattarsi a Rio». Il Coni, che aveva applaudito la Federciclismo per la scelta di non convocare in azzurro atleti in passato positivi all’antidoping, che ne penserà? Ma prima di tutto questo: riuscirà il procuratore Ettore Torri ad andare oltre il «non mi ha aiutato nessuno, ho fatto tutto io» di Schwazer?
GASPORT (V. Piccioni)
Per dire che non è che si resta con le mani in mano, ricordo che il ciclista Pozzato è stato escluso dalle Olimpiadi proprio per aver frequentato Ferrari. L'inchiesta di Padova ha fornito la prova decisiva anche se la Procura Antidoping del Coni s'era già mossa prima a quanto pare.
Un anno di squalifica per Filippo Pozzato. Questa la richiesta che l'Ufficio Procura Antidoping ha presentato al Tribunale Nazionale Antidoping del CONI per il ciclista, che è stato deferito. La motivazione è "il riconoscimento della responsabilità dell'atleta per essersi avvalso della consulenza e prestazione di soggetto inibito (il medico Ferrari, ndr) durante il periodo 2005-2010 e quindi in modo continuo e reiterato, violando le disposizioni normative succedutesi durante l'anzidetto periodo". Pozzato salterà le Olimpiadi di Londra, perché il regolamento Cio non consente ai deferiti la partecipazione ai Giochi.
Pozzato, vincitore della Milano-Sanremo 2006 e capitano azzurro al Mondiale del 2010, è chiamato a rispondere dei suoi probabili contatti con il discusso medico Michele Ferrari, coinvolto nell'inchiesta dell'Usada (l'agenzia antidoping americana) che ha messo sotto la propria lente l'attività di Lance Armstrong. A confermare i sospetti di una frequentazione del capitano della Farnese con il medico inibito già dalla Federciclismo (i tesserati non possono avvalersi delle sue prestazioni professionali), secondo una sentenza della Disciplinare del 2002, ci sarebbe anche un'intercettazione del 2009 in cui il corridore veneto ammetterebbe di avvalersi delle consulenze di Ferrari, su cui indaga anche la Procura di Padova.
www.repubblica.it/sport/ciclismo/2012/06/28/news/pozzato_squalifica-3...
Sicuramente il nome di Schwazer la Procura di Padova l'aveva ma senza certezze, secondo me il Coni non ne era potuto venire a conoscenza. Infatti a dare ulteriori prove pare sia stata l'interpol, alchè la Wada ha fatto 2+2 braccando Schwazer, come sono comunque braccati gli ex campioni olimpici.