MOSTRO DI FIRENZE: SI RIAPRE IL CASO. DUBBI SULLA PISTA DEGLI INQUIRENTI
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Le novità. L’inchiesta del mostro di Firenze ricomincia, ricominciano le indagini, ricomincia tutto. Le indagini si concentrano su Rolf Reinecke, un tedesco morto nel 1996. L’uomo era già entrato nell’inchiesta sui delitti del Mostro di Firenze, ovvero quando avvenne il 9 settembre del 1983, a Giogoli, l’omicidio dei due tedeschi, Jens-Uwe Rüsch e Horst Wilhelm Meyer. Un delitto atipico rispetto agli altri poiché non avvenne l’asportazione del pube e anche perché si trattava di due uomini. Secondo quando si apprende, nei mesi scorsi è giunta in Procura una segnalazione anonima che si riferiva ai delitti compiuti tra il 68 e l’85. La Procura ha accertato la verifica ai Carabinieri dei Ros ed è coordinata dal pm Paolo Canessa, attuale procuratore di Pistoia e delegato ad indagare ancora sui delitti del mostro di Firenze. Rolf Reinecke era un imprenditore tedesco morto nel 1996 all’età di 59 anni e che viveva e lavorava a Vaiano. La macchina investigativa si è mossa e sono stati ascoltati amici ed ex dipendenti dell’uomo a Briglia. Le indagini dell’epoca hanno fatto emergere che l’uomo abitava a Giogoli, presso il comune di Scandicci, nelle vicinanze al luogo in cui furono uccisi i due tedeschi. E’ emerso che l’uomo possedeva una pistola calibro 22. Alla Briglia ha vissuto Salvatore Vinci dal 1963 al 1970. Salvatore Vinci è entrato nell’inchiesta del mostro di Firenze ed è stato sospettato di essere l’autore dei delitti. Quindi ritorna la pista Sarda.
La domanda sorge spontanea. Perché indagare su questa nuova pista, quando vi sono elementi oggettivi che potrebbero condurre le indagini da tutt’altra parte? Gli inquirenti hanno in mano elementi oggettivi per poter investigare su quest’uomo? Eppure vi sono elementi oggettivi anche per poter investigare e ripartire dall’omicidio dell’85, elementi che smontano totalmente la verità processuale e aprono spiragli investigativi nuovi. Perché non partire da lì?
L’Osservatore D’Italia vi propone un’esclusiva analisi sul Mostro di Firenze redatto dalla Dott.essa Rossana Putignano, Psicologa- Psicoterapeuta Psicoanalitica, la quale, sposando la tesi del killer solitario e del trauma evolutivo, traccia indirettamente un profilo del Mostro.
Nel 1989 lo stato italiano chiedeva una collaborazione all’FBI Academy di Quantico in Virginia, la quale stilava una analisi sulla base del materiale, fornito in merito ai duplici omicidi attribuiti al c.d. “Mostro di Firenze”. Scrive: “ il vostro aggressore deve essere quasi sicuramente un uomo bianco di origine italiana nativo dell’area. Deve aver avuto circa 25-30 anni quando iniziò questa serie di aggressioni nel 1968. Questo dovrebbe far pensare che sia intorno ai 45- 50 anni (ndr. oggi dovrebbe avere all’incirca 71 – 76 aa.).Sarebbe da notare che il vostro aggressore debba avere una lunga storia criminale con periodi trascorsi in istituti o in carceri,m ma potrebbe essere molto più vecchio dell’età su indicata. Ha molta confidenza con scene del crim9ine e con l’area di Firenze in generale. Si sente a suo agio li e deve aver dei legami abbastanza stretti con quell’area. Ciò è evidenziato dalla lunghezza delle sue assenze, ma con successivo ritorni in quell’area in due occasioni,. Sembra essere nativo dell’area e potrebbe avere membri della sua famiglia che risiedono ivi” [...]
La “tesi del trauma” sembra andare di pari passo con quella del killer solitario, il “ LUSTMURDER”,inteso come
“soggetto che agiva scegliendo i luoghi e le situazioni ma non le vittime, che gli erano in genere sconosciute, sotto la spinta di un impulso sessuale abnorme nel quale confluivano cariche aggressive profonde, sessualizzate (sadismo sessuale) ed un desiderio sessuale (ad orientamento quasi sempre eterosessuale) che in genere non trovava altre vie di appagamento se non quelle dell’azione sadica e delle fantasie sadiche masturbatorie, nell’ambito delle quali spesso si esauriva la sessualità exstradelittuosa”
Per contro, la tesi del killer solitario contraddice quella dei “compagni di merende” (ndr. Vanni,Pacciani e Lotti) visti come esecutori materiali dei delitti ordinati dal “secondo livello”; seguendo l’ipotesi del “trauma evolutivo”, il nostro lustmurder potrebbe essere un soggetto che ha assistito, in età infantile, al delitto del 1968 oppure ha vissuto in un ambiente promiscuo sessualmente e violento allo stesso tempo. A mio avviso, il trauma potrebbe essere stato gestito attraverso una coazione a ripetere della scena - attraverso il rituale maniacale - però, con l’inversione dei ruoli: il killer può, così, sperimentare il trauma, questa volta, non più passivamente come vittima indifesa, bensì attivamente come carnefice. Non dimentichiamoci il ruolo occupato dalla fantasia:
“ nella maggior parte degli assassini seriali, e in particolare in quelli sadici, le fantasie sono strettamente collegate al sesso e alla violenza, e hanno una fortissima valenza sessuale e rappresentano il motore scatenante dell’omicidio” (Mastronardi, 2005) [...]
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