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Chicco Ravaglia - Dieci anni non scalfiscono il ricordo

Ultimo Aggiornamento: 24/12/2016 16:04
22/12/2009 23:33

Ventitre, con le labbra che quasi si congiungono per poi aprirsi come a simulare lo schiudersi dei fiori. 23 punti, 23 dicembre, ma soprattutto 23 anni. Ventitre, non proprio un numero casuale per chi gioca a basket. Da chi lo portò ad essere il numero sportivo più famoso al mondo perchè voleva essere bravo almeno la metà del fratello a chi con quel 23 intagliato dal destino nella sua anima ci andò a morire.

Sono passati dieci anni. Non è passato un secondo. Neanche uno da quando, nella tarda mattinata dell'antivigilia di Natale, inquietanti voci si rincorsero per tutta l'Italia cestistica. Un'auto ribaltata in un campo nei pressi dello svincolo di Piacenza Nord. Un corpo sbalzato fuori dall'abitacolo. Un ragazzo, prima ancora che un campione, di 23 anni, morto. Come diceva Verne, alcune strade portano più ad un destino che a una destinazione, e in quel terrapieno maledetto c'era tutto il cinismo che il destino ha riservato a Chicco. Un destino beffardo, che gli ha dato tanto, togliendogli troppo. Prima la grande Virtus in cambio di un ginocchio, poi la rinascita barattata con la vita.

La vita di Chicco si era tinta immediatamente di arancione, e non poteva essere altrimenti vista la quintupla cifra di punti con cui il padre Bob ha crivellato le retine di tutti i palazzetti minori d'Italia. In un ideale passaggio di consegne l'ultima squadra di Bob è la prima di Chicco, che però inizia a meritare applausi ancora prima di vestire la canotta dell'Andrea Costa. E' infatti un bambino quando, durante l'intervallo delle partite del padre, i suoi tiri da tre, scagliati con un pallone più grande di lui, terminano la loro corsa nel cotone. Il bambino si fa ragazzo e gli orizzonti biancorossi diventano troppo limitati per l'esuberante talento castellano: la Virtus chiama e Chicco risponde presente. A 13 anni è già il terminale principe degli Allievi Virtus allenati da coach Piero Bucchi. L'eleganza del tiro è incisa nell'elica del DNA, il controllo di palla è costruito in ore e ore di palleggi su tutte le superfici, la lettura delle situazioni è allenata da anni passati a vedere allenamenti e partite del padre. Non bastasse questo, anche il mondo dei playground imolesi inizia a conoscere il figlio di Bob. Al Superbowl, tradizionale torneo estivo che raccoglie la partecipazione di numerosi giocatori di Serie A, i canestri arrivano con sempre maggior frequenza: la strada verso la Serie A sembra spianata.

Il ragazzo cresce, mantiene le promesse e, dopo una parentesi a Cento, arriva in Serie A. Non alla Virtus, che tra un Coldebella in ascesa e un Brunamonti al tramonto, non può garantirgli minuti sufficienti per farsi le ossa, bensì a Varese. Parte come terzo playmaker, ma dopo l'infortunio di Pozzecco diventa il back up di Biganzoli. La squadra inizia a strutturarsi intorno a quello zoccolo duro (il già citato Pozzecco, Meneghin e Vescovi) che tre anni dopo vincerà lo scudetto della stella. La stagione è esaltante e si conclude solo ai quarti di finale contro quella Milano che di lì ad un mese diventerà Campione d'Italia per la venticinquesima volta. La seconda stagione il gruppo della stella reintegra quello che sarà il suo faro: Gianmarco Pozzecco, di cui Chicco, come l'anno prima con Biganzoli, rimane il cambio. In allenamento incrociano le lame spesso e volentieri, fuori dal campo diventano inseparabili. Quarantaquattro anni in due, sempre pronti a far bisboccia, ad organizzare scherzi ai compagni, mattatori delle notti milanesi, inseparabili compagni di bevute e di chiusure di discoteche: un rapporto speciale che trasformerà la guasconeria di quegli anni nel dolce e tenero ricordo attuale, che ha trovato l'apoteosi nel derby giocato due settimane dopo la morte e nel commiato di Pozzecco al Pianella il 20 gennaio 2008.

Zero spazio ai sentimenti, la Virtus lo rivuole indietro. Subito, ora. In cambio è pronta a dare anche la mancia di un Morandotti ormai a fine carriera. Veste finalmente quella maglia con la V nera sul petto che tanto aveva bramato. Neanche il tempo di scaldare il motore e alla terza sono venti, che trascinano la Virtus al successo contro Trieste. Tre mesi dopo in semifinale di Coppa Italia Verona dà del filo da torcere alla Virtus e sembra pronta allo scacco in casa. Entra Chicco: 4/5 da tre. Tutti a casa.

L'anno successivo è quello del ritorno in bianconero di Danilovic e Messina assicura a Chicco che in quella squadra fantastica (Danilovic, Rigadeau, Abbio, Savic, Nesterovic, Sconochini) il suo ruolo sarà di primo piano. Cambio del playmaker più forte d'Europa: sembra l'inizio di una carriera stellare, è l'inizio della fine. Il ginocchio sinistro inizia a scricchiolare ma Chicco stringe i denti. Dopo la partita contro Pistoia però non ce la fa più. Iniziano gli esami e i consulti. La diagnosi è terribile: osteocondrite rotulea, l'omega della carriera di ogni atleta professionista. Una speranza però c'è ed è quella dell'operazione. Chicco ci crede, la Virtus anche. L'operazione non risolve niente, il ragazzo prova a rientrare ma non ce la fa. La Virtus lo scarica, lui è costretto a pagarsi l'operazione. Il dottor Lelli, autentico luminare dell'ortopedia, lo restituisce al basket giocato. In estate è senza squadra, Reggio Emila lo rifiuta, si allena da solo, soffrendo più per il tradimento della sua amata Vu Nera che per la durezza della riabilitazione. Firma con Cantù, ritorna alla grande. Sono 14 contro Varese, 18 contro Rimini, 23 contro Reggio Emilia. La curva lo acclama, lui capisce di essere definitivamente tornato un giocatore di basket. Non sta più nella pelle, si arrampica sulle balaustre per festeggiare con gli Eagles. Poi va dai genitori, che non si perdono una partita e che in tutti questi mesi sono sempre stati al suo fianco. Si congeda dicendo che si sarebbero visti il mattino dopo, a Imola, per festeggiare il Natale. Tra Cantù e Imola, Piacenza Nord.

Ventitre

Un amico muore.
Io sorveglio lo schiudersi dei fiori.

(Fabrizia Remondino)
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23/12/2009 12:02

Bellissimo ricordo...ciao Chicco [SM=g27813]
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23/12/2009 12:17

ciao Chicco!
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23/12/2009 13:36

è oggi, è vero, mi ricordo...
ciao Chicco!
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23/12/2009 15:03

ancora non seguivo il basket. che peccato, sono triste come se lo avessi conosciuto.



23/12/2009 15:15

Ciao Chicco!
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27/12/2009 12:31

Grande articolo.



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28/12/2009 01:09

veramente bello

28/12/2009 21:22

Errara corrige: Ramondino, non Remondino.
20/02/2010 15:29

Oggi avresti compiuto 34 anni.
Auguri Chicco.
20/02/2010 17:16

Auguri Chicco
23/12/2010 15:19

Ciao Chicco
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Ciao Chicco.
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Ciao Chicco.
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Come sempre, come tutti gli anni.
Ciao Chicco.
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24/12/2013 13:43

A Chicco Ravaglia

Chicco si è tolto la canottiera
lasciando
d’un colpo
speranze e sofferenze
tiri sbagliati e tiri della vittoria.
Niente caviglie malferme o ginocchia ribalde
ora
che il parquet è lontano
le luci sono spente e fa freddo.
Chicco si è tolto la canottiera
e forse sorride
fra amici che piangono
uscendo dalla nebbia
e dal ghiaccio
di una notte come mille
che ha fatto più male di mille notti.
Chicco si è tolto la canottiera
perché adesso gioca
con tutte le squadre del mondo
per tutti noi
che abbiamo una sola squadra del cuore
ed il cuore per quelli come Chicco
che se ne vanno prima della sirena
ma avrebbero voluto giocare ancora tanto.

Roseto, 26.12.1999
Luca Maggitti



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