BOSTON (Usa) 1 febbraio 2010 - Kobe Bryant l’ha fatto di nuovo. Ancora una volta, a una manciata di secondi dalla sirena, l’asso dei Los Angeles Lakers ha messo il tiro della vittoria e i Boston Celtics non possono far altro che incassare la sconfitta. “Ho solo cercato di creare il miglior tiro – ha aggiunto nel dopo partita a caldo, con un dito rotto e una caviglia malconcia dopo la distorsione rimediata in quel di Philadelphia – alla fine ho saltato e ho tirato come sempre. Dovevo solo assumermi le mie responsabilità”.
Phil Jackson in sala stampa ha dichiarato che l’ultima chiamata è andata a Kobe perché lui mi ha espressamente chiesto una seconda chance. Dove trova questa determinazione a volere segnare sempre l’ultimo tiro?
“A essere sinceri non gli ho chiesto nulla, gli ho solo detto di darmi la palla perché sentivo che avrei fatto canestro. E’ vero, non ho giocato una grande partita a Boston, ma quando ho preso la palla in mano, ero sicuro di far canestro. La mia sicurezza nasce dalla fiducia di creare un’esecuzione perfetta e cosi è andata anche questa volta”.
A Toronto si era venuta a creare la stessa identica situazione, ma in quell’occasione lei non è riuscito a segnare. Non ha sentito il peso di poter sbagliare di nuovo?
“Non è nella mia mentalità. Non è una sensazione che appartiene all’ultimo tiro della partita. Quando vuoi la palla pensi soltanto a fare canestro. Tutto il resto sono chiacchere che appartengono alle discussioni una volta entrati negli spogliatoi”.
Kobe Bryant. Reuters Che effetto fa battere i Boston Celtics in casa loro?
“E’ sempre una gran cosa. Stiamo parlando di una delle migliori squadre in circolazione e poi Boston è una città che mastica basket, ha un pubblico molto competente e vincere in casa loro è sempre qualcosa di unico e molto importante”.
A un certo punto della partita Boston sembrava avere una marcia in più: come avete cambiato le sorti del match?
“Abbiamo difeso senza mai smettere di fare il nostro gioco. I canestri sono arrivati da soli e noi ci abbiamo creduto fino alla fine. Quando giochii in trasferta questa mentalità fa la differenza”.
Dieci giorni fa al Madison Square Garden lei ha parlato chiaro: Gasol e Bynum devo arrabbiarsi, devo diventare più aggressivi. A Boston abbiamo visto i primi progressi dopo la sconfitta subita a Cleveland?
“Direi assolutamente di sì. Bynum ha giocato in maniera quasi perfetta, non ha subito i contatti fisici dei suoi avversari e Pau non è stato da meno. Sono due ottimi giocatori e noi abbiamo bisogno del loro contributo per confermarci miglior squadra della lega”.
Come è cambiata la vostra stagione dopo la seconda sconfitta con i Cavaliers?
“La sconfitta di Cleveland è stata un ottimo momento per guardarci in faccia e parlare. Devo ammettere che a posteriori abbiamo trovato un’energia e una mentalità che prima non avevamo, quasi a confermare che siamo diventati una squadra migliore. A conti fatti è stato costruttivo”.
Lotta sotto canestro. Reuters Non ha rimpianti oer aver perso la seconda volta quest’anno contro LeBron James?
“I cattivi pensieri se ne sono andati non appena l’aereo è decollato da Cleveland. Ogni partita ha la sua storia è così e stato anche in occasione di quella puntata”.
Jerry West l’ha definita il giocatore degli ultimi dieci anni che ha dominato in casa Lakers e nella Nba. Ora che si trova ad una manciata di punti dal sorpassarlo nella classifica realizzatori del club. Che effetto fa?
”E’ un onore incredibile perché fin dal mio primo giorno in maglia Lakers, ricordo gli enormi e preziosi consigli che mi ha sempre dato. E' un onore e non potrebbe essere altrimenti”.
Facciamo un piccolo passo indietro: quanto importante per lei era mettere il tiro della vittoria al Boston Garden dopo la sconfitta nelle finali di due anni fa?
“Molto, molto importante. L’anno scorso quando abbiamo vinto non c’è stata l’opportunità di mettere il tiro della vittoria, quindi il fatto che questa volta sia andata in maniera diversa mi soddisfa molto”.
Boston, soprattutto dopo questa sconfitta, sembra aver perso qualcosa. Secondo lei come cambia ora la stagione dei Celtics?
“Sono una squadra molto forte, con tutte le carte in regola per vincere. Sicuramente rientrano in quella stretta elite di formazioni in grado di competere per l’anello. Bisogna impararle ad accettare le sconfitte, ma penso che non sia un problema per loro. Bisogna anche ammettere che questo passo falso è arrivato per mano di un’ottima squadra come la nostra: noi siamo comunque una formazione difficile da battere e l’abbiamo dimostrato sia dal punto di vista mentale sia fisico”.
L’età di alcuni giocatori dei Celtics potrebbe essere un limite con cui fare i conti. Lei che ne pensa?
“Assolutamente no. Io ho l’impressione che stiano giocando meglio che in passato e questo la dice lunga”.
Per voi invece come cambia la stagione?
“Abbiamo vinto una partita che ci eravamo promessi di fare nostra dopo la sconfitta con Cleveland e questo ci ritorna molto utile. Purtroppo non esistono partite facili, ogni sera devi cancellare il passato e concentrarti sul presente. Ma la direzione è quella giusta, quindi torniamo a casa con ancora più voglia di migliorare”.
Kobe Bryant ha un dito rotto e una caviglia malconcia. Quanto gli infortuni possono condizionare in questo delicato momento della stagione il suo modo di giocare e vincere?
“E’ una situazione non facile con cui convivere, ma bisogna portare pazienza. E’ dura dover scendere in campo sapendo che devi assumerti le tue responsabilità anche quando non sei al top della forma. Io provo a far finta di nulla e tenere duro. Il dito sta andando meglio rispetto alle prime settimane, ma è anche vero che ho cambiato il mio modo di giocare. Penetro molto meno e questo alla lunga fa la differenza. La caviglia? Si risolverà in qualche settimana, ma fino alla sfida coi Celtics non mi ha praticamente permesso di spingere su quella gamba e Ray Allen non è certo quel tipo di attaccante che ti concede degli sconti”.
Ultima domanda: qual è la squadra da battere per vincere l’anello?
“I Los Angeles Lakers. Penso che stiamo giocando una buona pallacanestro e di tutti gli altri, comprese vittorie e sconfitte, non mi interessa. L’unica cosa che conta è arrivare in fondo consapevoli della propria forza e sull’esperienza dello scorso anno, immagino che tutti sappiamo benissimo come gestire la situazione”.
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