Per professionismo si indica l'esercitare un'attività in modo costante, esclusivo e retribuito previa stipula di un contratto.
Non è del tutto corretto: la Federazione deve riconoscere una certa competizione come professionistica. A quel punto occorre un contratto di lavoro subordinato. Per gli sport individuali funziona diversamente, in quanto non avviene la firma del contratto ma sono sostanzialmente autonomi. In ogni caso la legge 91/1981 andrebbe rivista perché non guarda alla sostanza.
Difatti in molte discipline e/o categorie non riconosciute come professionistiche (per esempio la D di calcio e la A2 di basket) vige un professionismo di fatto con un accordo economico alla stregua di un contratto depositato e delle tutele che le associazioni giocatori hanno accordato con le leghe, anche perché qualsiasi tribunale le riconoscerebbe.
La definizione non giuridica di sportivo professionista è lo sportivo che svolge la propria attività come lavoro a tempo pieno, ricevendo un ritorno economico attraverso il quale si sostiene.
Riguardo la situazione attuale nel basket italiano immagino ci sia stata una stretta maggiormente sui contratti annuali degli americani. Sarebbe importante sgravare i club a livello fiscale e attraverso una netta riduzione dei costi di iscrizione, quest'ultima realizzabile facilmente dalla Fip.
Non so da dove trai quelle cifre, maistros, ma credo che in passato si guadagnasse molto di più. Voglio dire che se scendono le offerte economiche scendono anche le cifre chieste dai giocatori, non ha molto senso secondo me descriverli come pretenziosi egoisti.
Comunque bisogna pensare che le sponsorizzazioni, almeno quelle principali, sono la parte più importante del budget e non cercano solo in visibilità ma l'associazione con i valori del nostro sport. Il ruolo dei media, con i palazzetti semi-vuoti, diventa fondamentale: va offerto gratuitamente e promosso un servizio di contenuti video di qualità, che racconti non solo il dato tecnico. Che ci si parli tra super appassionati in disquisizioni tecnico-tattiche sopraffine, mentre gli altri 59,9 milioni di italiani non sanno nemmeno chi è il giocatore più rappresentativo del basket europeo, condanna il basket alla sua dissoluzione. Manca un diffuso spirito divulgativo.