più amarcord di così

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PG01
00mercoledì 30 maggio 2007 12:30
Villalta racconta: 'Tutti i tiri entravano e vedemmo la stella'


30/05/2007 09:10
Amarcord: sempre Milano, sempre gara 1: era l´84

- La Repubblica -

«Ventitré anni fa, già. Il 1984. E come si fa a dimenticarsela quella sfida Milano-Bologna, quel maggio in cui vincemmo lo scudetto della stella? Io no di certo, la storia ce l´ho ancora tutta in testa».
«Finale contro la Simac. Fortissimi, basta leggere: Meneghin, D´Antoni, Bariviera, Carr. Aggressivi, duri, esperti. E bella in casa loro, se ci sarà. Saliamo per gara 1, tanti parlano di scudetto già assegnato, io però ho belle sensazioni. Lo spogliatoio è unito, la squadra è buona. Brunamonti, Bonamico, poi è arrivato Van Breda Kolff, smistatore fenomenale, uno che tiene cucita la squadra coi suoi passaggi e sa darti la palla coi giri giusti. E Rolle, sotto canestro, è una pantera. In semifinale abbiamo battuto la Berloni di Morandotti e Sacchetti. Giocando bene, tranquilli. E ci ha fatto morale».
«Gara 1 l´abbiamo preparata bene, per tutta la settimana. Di là c´è Dan Peterson, la sua 1-3-1 sta facendo impazzire tutti. Ma Bucci non è uno che dorme e pure Messina, il secondo, sta al suo posto ma consigli al capo ne dà. E Alberto li ascolta. Allora, ci diciamo in palestra, qui Brunamonti e Van Breda la devono far girare veloce, poi la palla va in angolo: o esco io, se Meneghin me lo permette, o esce Fantin. Lì sono scoperti: se iniziamo a far canestro, ce la giochiamo».
«Palla a due, pensieri a zero. Ho fatto tante partite internazionali, Olimpiadi e Mondiali, però questo palazzone di S.Siro è davvero grande, pare aver tutta Milano sulle gradinate, un frastuono continuo. Noi in nero, al solito, fuori casa. Milano contro Bologna, la storia della pallacanestro. Il nostro motivo in più è che questo sarebbe il decimo scudetto. Ne parliamo poco, tra noi, ma sappiamo che la società ci spera: la stella da cucire accanto alla Vu nera sarebbe, per l´avvocato Porelli, il suggello più prezioso. Ma sta zitto pure lui e io, che sono il capitano, provo a non pensarci ma la testa finisce lì».
«Partita. Capiamo subito d´aver fatto bene i compiti: esco io, esce Fantin, Van Breda e Roby ci armano, puntiamo, spariamo. Canestro. Se sbagliamo, la piglia Rolle. Una volta, un´altra ancora. Grandine. Fosse già la stagione dopo, quella in cui misero il tiro da tre, soffriremmo pure meno: tiriamo da lontano, ma ne facciamo tanti che ci bastano. 86-82, sul pullman verso Bologna è già festa. Milano non fa più paura, ci aspetta il Madison da far saltare di gioia. Invece perdiamo gara 2 (75-71), nonostante Meneghin si faccia buttar fuori. Orecchie basse, bella a S.Siro, e il giorno prima, in pieno allenamento, alzo la testa e urlo: guarda, guarda. Tutti col naso all´insù e io: ma non la vedete lassù la stella? Bucci mi manda a quel paese, eppure il giorno dopo a Milano, 27 maggio, 77-74, la stella atterra veramente. Sul petto di tutti, ma soprattutto sul mio, capitano di quella Virtus».
Così parlò Renato Villalta. Ventitrè anni dopo.

Luca Sancini



stemack
00mercoledì 30 maggio 2007 13:18
peccato non aver vissuto certi momenti...
ovviamente non parlo di questo in particolare...
=markese=
00mercoledì 30 maggio 2007 17:43
azz... ma non potevano ritardare di 23 anni certe cose???
PG01
00sabato 2 giugno 2007 09:26
Amarcord Virtus: "Tutti a casa festa rinviata"


02/06/2007 08:58
"Buttata la partita scudetto, nessuno mollò"

- La Repubblica -

«Avevamo vinto a San Siro. Il PalaDozza non poteva non essere stracolmo. Le aspettative erano altissime, per quella sfida Milano-Bologna: gara 1 l´avevamo vinta bene e la finale 2 su 3 ci metteva in mano il match-ball dello scudetto. Anzi, della stella. Sì, lo scudetto è un traguardo importante, ma quella stella era di più: sarebbe rimasta per sempre sulle maglie della squadra, nei ricordi della società. L´attesa era doppia. Soprattutto fuori, perché la Virtus non vinceva il titolo dall´80. Quattro anni».
«Noi però stavamo bene, non sovraccaricati. Personalmente, pur essendo giovane, pur giocando la mia prima finale, vissi bene il prepartita. C´eravamo allenati come sempre, Bucci non mise particolari pressioni su gara 2. Insomma, le stesse cose d´un anno intero, coscienti che la Simac, più volte, aveva rimontato le gare con quella 1-3-1 che avevamo già attaccato benissimo. Ne facevano un marchio di fabbrica, noi l´avevamo scalfito. Ripassammo solo un po´ di movimenti. Anche se montava l´attesa, eravamo sereni. Io stavo bene, di fisico e di testa, e sapevo che l´1-0 non significava nulla, contro una squadra piena di campioni, da Meneghin a Bariviera, da D´Antoni a Premier. E poi per me, alla prima finale, era un po´ un esame di laurea».
«Poi, via. Partimmo bene, bel primo tempo. Poi ci bloccammo. Espulso Meneghin: eravamo ancora avanti, credo. E forse, in maniera paradossale, inconscia, quell´espulsione ci fece credere che la serie fosse finita. Era uscito il giocatore più carismatico, la strada pareva libera. Invece no. Ci punirono i tiri di Premier e di Franco Boselli. Arenati. In pratica smettemmo di giocare. Perdemmo, la gente se ne andò a casa sconsolata, ripiegando bandiere e striscioni. Muti, tristi. Ma fu un errore che non pagammo. C´era ancora gara 3. E sapevamo d´esser pronti. Al nostro interno non c´erano stati trionfalismi dopo gara 1, non ci furono depressioni dopo gara 2. Ci allenammo bene, e io ricordo che non vedevo l´ora di tornarci, a San Siro, davanti a un muro di gente, ma in un posto dove si giocava a basket, senza condizionamenti. Non ci fu nessun momento, che ricordi, in cui pensammo: oddio, non ce la facciamo più. Sarebbe stato un errore, anche se in spogliatoio, al PalaDozza, si respirava solo amarezza».
«E lì fu bravissimo Alberto. Non fece mai sentire né l´entusiasmo, né la depressione, e non era facile: sarebbe stato il primo scudetto anche per lui, il suo primo esame importante. Non crocifisse nessuno, anzi. Eravamo sereni, convinti. Neppure la squalifica di Meneghin ci turbò: qualsiasi compagno, senza di lui, avrebbe dato il doppio, e infatti Gallinari giocò alla grande. Avrebbero rifatto tanta 1-3-1, pensammo. E così fu. Attaccammo bene come nella prima, a mente sgombra. Vincemmo scudetto e stella. Indimenticabile. E quell´esame fu superato. Da me, da Alberto».
La racconta così, 23 anni dopo, Roberto Brunamonti.
(ma. mar.)


PG01
00mercoledì 6 giugno 2007 13:22
Bucci: Porelli in panchina, com´eravamo uniti


06/06/2007 09:05
Amarcord bolognese

- La Repubblica -

«Quell´espulsione di Meneghin, in garadue, noi avanti 1-0 e sopra nel punteggio, ci tolse la tensione che avevamo. Pensammo fosse finita, invece Boselli ci punì: Milano non aveva più nulla da perdere, così ci castigò e prese l´1-1 per giocarsi, qualche giorno dopo, lo scudetto in casa. Riprendersi non sembrò facile. E invece, il giorno dopo, ci trovammo in palestra subito».
«Nel gruppo, me compreso, vidi grandissima coscienza, sicurezza. Bonamico mi disse subito: Alberto, là vinciamo. E Villalta, alzando gli occhi al cielo e indicando il soffitto, mi disse: la vedi, lassù, quella stella? Era la stella del decimo scudetto, quella che volevamo. Renato, come Marco, era convinto di farcela. C´era grande convinzione: sapevamo l´avremmo giocata alla pari, giocavamo bene, eravamo preparati, avevamo trovato le chiavi per dar fastidio alla Simac. E una, là, l´avevamo già vinta"."Salimmo a Milano in giornata. Come la Virtus di oggi. Partimmo alla mattina, ricordo che pioveva. Ma il pullman era tranquillo, sereno. Sbagliammo anche la strada per l´albergo, e il gruppo scherzava, faceva casino. Non c´era tensione, e forse la chiave fu questa. Coscienza e tranquillità. La seconda, grazie all´avvocato Porelli"."Venne con noi in panchina, quella sera a San Siro. Voleva far sentire tutti sereni. Lui si interessava di tutto, si documentava, viveva la squadra. Ma non ha mai storto il naso davanti a quello che facevo. Ci furono incomprensioni, a gennaio, ma lì mi chiamò in ufficio e mi disse: stai tranquillo, tu rimani fino alla fine dell´anno. In più c´era il prof. Grandi, con noi: non era solo un preparatore, era l´uomo che stemperava le tensioni. E che faceva sentire la squadra unita, come un pugno"."Ho letto Brunamonti: è vero, quella finale fu un esame per tutti e due. Lui soprattutto, che patì il paragone con Caglieris: in questi casi Bologna è micidiale, e quando Charlie arrivò, giocando con Torino, fu un momento difficile. Nel basket d´oggi, senza cartellini, un Brunamonti avrebbe potuto chiedere di andarsene. Invece è stato forte. Super"."Insomma, giocammo sereni. Ricordo la gara di campionato: perdemmo, senza mai fare canestro, e in conferenza stampa dissi che la colpa era mia. Bonamico, letto il giornale, venne a dirmi che non era giusto. Per me lo era, in quel momento. "A Milano non perdiamo più", mi rispose. Fu così. In garatre eravamo pronti: nei playoff porti le certezze di un anno di lavoro, i cambiamenti non aiutano. E poi, sapete quand´è che si reagisce? Quando sei certo di aver giocato bene l´ultima gara, quella persa. Puoi sbagliare tiri, può scapparti la gara nel finale, puoi aver fatto errori. Ma se la preparazione è giusta, e il concetto di gioco è esatto, basta togliere quegli errori. Una casa costruita bene non cade. La nostra era solida. E la Stella arrivò". La racconta così, 23 anni dopo, Alberto Bucci.

Marco Martelli



Garba
00giovedì 7 giugno 2007 12:58
Re:

Può essere Stem...però io che li ho vissuti qualche annetto in meno lo rivorrei [SM=g27828]

Bella serie, emozionante nonostante fosse commentata da Giordani con i suoi ritmi sonnacchiosi...poi quella Virtus è venuta al Palaverde a sbatterci fuori in scioltezza dalla coppa Italia

[Modificato da Garba 07/06/2007 13.05]

Kaprone
00mercoledì 13 giugno 2007 11:51
[SM=x49449] [SM=x49401] [SM=x49402] [SM=x49413] [SM=x49441] [SM=x49505] [SM=x49508] [SM=x49428] [SM=x49432] [SM=x49403] [SM=x49445] [SM=x49459] [SM=x49460] [SM=x49483] [SM=x49512]
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