Leon Douglas

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Walker - Lugo
00domenica 20 aprile 2008 11:29
LEON DOUGLAS IN VISITA AL PALADOZZA




Lo incontriamo nel primo pomeriggio, mentre cammina lentamente lungo l’anello del PalaDozza soffermandosi davanti ad ogni maglia storica, davanti ad ogni gigantografia. Respirando la Fortitudo, come soltanto chi è stato qui sa fare e può capire. Parla ancora un italiano fluente, Leon Douglas, il mitico “Leone”. Soprattutto, parla della Effe, chiede e si informa come se volesse sapere tutto. “Come sta Nino?” è la prima domanda del Leone. Detto fatto, chiamiamo Pellacani al telefono e glielo passiamo, per una chiacchierata che si protrae per dieci minuti buoni, nei quali il Leone gli ricorda di quando… “lo massacrava” in allenamento, per concludere con lo scambio dei recapiti e l’impegno a risentirsi al più presto. Chiede anche della squadra di oggi, delle difficoltà di una stagione che ha potuto seguire saltuariamente attraverso internet dall’Alabama, da dove veniva e dove è tornato a vivere e lavorare. Abbandonando il ruolo di assistente allenatore aggiunto dei Detroit Pistons – dove seguiva i lunghi ed in particolare Darko Milicic in un lavoro che alla fine ha dato frutto – nel 2004, di fronte alla malattia della madre poi scomparsa. Così l’omone ha deciso di prendersi cura della famiglia ed ha accettato il ruolo di allenatore della Tuskegee University, dove si trova bene e che confida di portare magari nella Division I della NCAA tra qualche anno, ma senza troppa fretta. Parla anche del fratello John, che torna in Italia e a Bologna alcune volte l’anno, chiede se Jack Zatti è ancora “in spiaggia” a Santo Domingo, e poi l’immancabile… “Però quest’anno nei derby siamo andati bene, 2-0 vero?”, facendoci tornare in mente i derby di allora, che per la Fortitudo significavano una stagione intera. Bello ritrovarselo davanti al PalaDozza, Leon Douglas. Così come vederlo abbracciare Diego Pastori, che ricorda perfettamente da avversario e saluta come un vecchio amico, per poi dilungarsi a parlare dei loro tempi. Quelli di un intero decennio in Italia per lui, con tre annate alla Fortitudo tra il 1984 ed il 1987 (prima, Venezia, e poi Pistoia e Firenze) con 13.3 punti e 12.1 rimbalzi di media. E indossando al meglio quel “Numero 13” appartenuto a Gary “Baron” Schull, che lui conobbe in occasione della festa di presentazione al PalaDozza della squadra 1999/2000 destinata a vincere il primo scudetto biancoblù: “Era una grande persona, dopo quell’incontro mantenemmo il contatto negli Stati Uniti, e ogni volta che ci sentivamo si finiva a parlare di Fortitudo…”. Generazioni diverse, stessa identica passione.

bolognabasket
Davide
00martedì 22 aprile 2008 08:05
Ricordo che col suo nome è stato lui a ispirare lo stemma della Fossa.



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