Dawkins, lo schiacciatore buono
COLONIA (Germania), 12 ottobre 2006 – Duecentoventisette canestri su duecentocinquantasei tentativi pari all’89%: una percentuale eccellente se si trattasse di tiri liberi. Pressoché assurda se si parla di tiri da due.
Ma di cose ai limiti dell’incredibile ne ha fatte tante in vita sua Darryl Dawkins oltre che mantenere le percentuali sopraccitate nella stagione 1993-94 con la maglia della Telemarket Forlì. Per chi ha iniziato a seguire la Nba negli anni ’80 è un idolo e così è anche per tanti tifosi che lo hanno visto giocare in Italia perché per essere popolari non serve solo vincere.
E Dawkins in carriera ha vinto davvero poco, ma ha fatto divertire molto e si è divertito molto, da ultimo come ambasciatore a Nba Europe Live. Un ruolo su misura per lui.
Lei è stato uno dei più forti giocatori americani in Europa a inizio anni ’90. Cosa pensa dei cambiamenti che ci sono stati da allora nel mondo del basket?
“La pallacanestro è migliorata ovunque nel mondo, penso che David Stern stia facendo un grande lavoro, pubblicizzando il gioco e portando il tv. Sempre più ragazzi in Europa giocano a basket anziché a calcio e ciò mi fa felice perché così usano le mani anziché i piedi”.
Parliamo della sua esperienza italiana. Iniziamo con Torino…
“E’ stata una grande opportunità per me, non pensavo di avere più voglia di giocare. Beppe De Stefano mi convinse e fu davvero divertente. I tifosi erano grandi, ci sostenevano al 100%. Poi mi sono spostato a Milano, una grande città industriale dove il mio allenatore era Mike D’Antoni e poi Forlì con Giorgio Corbelli proprietario. Una grande esperienza”.
Quando lei firmò a Milano D’Antoni era entusiasta, a fine stagione era decisamente insoddisfatto visti i risultati e da allora non ha più voluto centri puri in Squadra. Se è vero che con il suo stile di gioco Mike ha salvato la Nba, possiamo darle dei meriti?
“Non esistono più i grandi centri come me, Wes Unseld, Elmore Smith e Artis Gilmore. Il gioco è cambiato, si corre di più e tutti usano dei ‘4’. Mike era felice quando mi ingaggiò, ma la squadra aveva tante stelle: io, Ricky Pittis, Antonello Riva e alla fine non andammo benissimo. Però io e Mike siamo rimasti amici”.
Nella sua biografia ha scritto che a Forlì il playmaker voleva dei soldi per passarle la palla. E’ vero o scherzava?
“Uno scherzo perché Claudio Bonaccorsi, mio caro amico, è venuto a trovarmi negli Stati Uniti con un amico e da una proposta rifiutata di una partitella è nato lo scherzo”.
Ma lo sa che Claudio Bonaccorsi gioca ancora?
“Davvero? Ehi Claudio, go go go! Claudio è un bravo ragazzo”.
Lei è stato uno dei primi giocatori passati direttamente dalla high school alla Nba. In tempi più recenti è diventata una cosa quasi normale: cosa ne pensa?
“A dire il vero ora le regole impediscono il salto quindi tutti i ragazzi devono fare almeno una stagione al college. Quanto a me, tutto quello che volevo fare era giocare a basket. Bill Willoughby e Moses Malone fecero la stessa cosa prima di me e Moses se la cavò bene. Dopo lo hanno fatto (quasi) tutti, ma devono ricordarsi anche della scuola e di applicarsi sui libri".
Le immagini della schiacciata con cui ruppe il primo tabellone della sua carriera fanno ancora il giro del mondo a distanza di 25 anni. Ne è orgoglioso?
“La prima volta fu un incidente, poi decisi di provare se ero capace di rifarla e diedi alla schiacciata senza tabellone il nome di ‘Chocolate Thunder Flying, Robinzine Crying, Teeth Shaking, Glass Breaking, Rump Roasting, Bun Toasting, Wham, Bam, Glass Breaker I Am Jam (traduzioni: Tuono di cioccolata (soprannome di Dawkins) vola, Robinzine (il giocatore sulla cui testa schiacciò) piange, scuotimento di denti, vetro in frantumi, sedere bruciato, chiappe tostate, wham, bam, rompitore di vetri che sono)".
dal nostro inviato Guido Guida
gazzetta.it