Andrea Trinchieri, Bamberg e la Bundesliga

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SteveH
00domenica 19 luglio 2015 16:10
Basket, Trinchieri e lo scudetto tedesco: "A noi è rimasta la storia, qui corrono e sanno vincere"
Il tecnico milanese ha portato il Bamberg alla conquista del titolo: "In Germania ho trovato palazzetti nuovi e sempre pieni, non hanno il vissuto che c'è da noi ma viaggiano ad una velocità tripla"
di NICOLA APICELLA

ROMA - Al vino non rinuncia ("anche qui ho la mia bella cantinetta"), alla birra si è dovuto giocoforza piegare. Questione di tradizioni ("ci sono piatti che la richiedono obbligatoriamente") e di occasioni speciali. Come lo scudetto del basket tedesco vinto superando alla quinta è decisiva partita la corazzata Bayern Monaco. "A Bamberg ci sono 70 mila abitanti e 72 aziende che producono birra, mi sono ubriacato solo a sentire l'odore" racconta Andrea Trinchieri, 47 anni, milanese e milanista di ferro ("torneremo a vincere, mi dissocio dal lancio del pomodoro quando le cose vanno male"), quattro stagioni a Cantù (e due volte allenatore dell'anno) prima di diventare - seguendo strade percorse da colleghi più illustri - un emigrante della palla a spicchi.
Un viaggio iniziato sulla panchina della Grecia - una toccata e fuga di pochi mesi e poca fortuna - che ha preso la strada della lontana terra russa di Kazan ed è proseguito in questa stagione a Bamberg, Germania. "In Russia non stavo male, distanze lunghissime a parte. Ma dopo una stagione positiva, chiusa con l'85% di vittorie, una coppa di Russia e la finale di Eurocup, avevo capito che i programmi all'Unics non erano chiari. Avevo una clausola di uscita, l'ho pagata di tasca mia e mi sono rimesso sul mercato".

Finendo a Bamberg. Scelta indovinata.
"Una città di pallacanestro, con una organizzazione - fatte le debite proporzioni - simile a quella di una franchigia Nba. Mi ci sono buttato a capofitto, un rischio che valeva la pena correre. Cosa ho trovato? Una lega in espansione, palazzetti nuovi, sempre pieni. Certo, non c'è la tradizione radicata di pallacanestro vissuta che si trova in alcune piazze italiane, penso a Milano, Bologna, ma anche Reggio, Cantù, la stessa Sassari. Da noi hanno visto Meneghin, Morse, McAdoo, Wright, gente di un discreto livello. Un vissuto che qui non c'è, ma marciano ad una velocità che è tre volte la nostra".
Nessun contatto con club italiani?
"Sono all'estero per scelta, non perché non avevo offerte dall'Italia. Non sono arrivato in Germania deluso dal fatto di non poter lavorare nel mio paese. Lavorare all'estero ti aiuta a togliere le catene, a stravolgere la routine. Mi sono immerso in questa avventura e sono molto contento di averla fatta".
Nel Bamberg che ha vinto il suo titolo settimo titolo ci sono tanti giocatori passati prima in Italia. Cosa è diventato il nostro basket?
"Il potere di acquisto della lega italiana è cambiato. I grandi stranieri che hanno segnato la storia del nostro basket - penso a Danilovic, Rivers, Del Negro, McCalebb - non sono mai stati rimpiazzati con altri della stessa caratura. E' impensabile oggi per un club italiano portar via un giocatore all'Olympiacos, al Cska. Negli ultimi 3-4 anni il valore della Lega A per contratti di giocatori si è dimezzato almeno del 50%".
E' solo una questione di risorse economiche che scarseggiano?
"No. Mancano le idee e non c'è alcuna meritocrazia, sembra quasi che avere dei meriti sia un problema. Facciamo fatica a rialzarci, ognuno tira l'acqua al suo mulino, non si lavora per un obiettivo comune".
Soluzioni?
"Iniziamo a mettere nelle posizioni che contano persone che hanno meriti. E per meriti non intendo chi ha vinto perché c'è una grande differenza tra chi ha vinto e chi ha successo. Sono pochi al mondo quelli che hanno vinto, ma c'è tanta gente che ha dimostrato di aver successo, di saper fare il proprio lavoro. La differenza tra vincere e perdere un titolo a volte è così sottile che sfugge al diretto controllo dei protagonisti. Io non sono un eroe perché ho disegnato lo schema giusto sull'ultima azione della partita decisiva per il titolo, ma forse tutto il lavoro che ho fatto negli altri dieci mesi, anche solo psicologico, è stato funzionale in quel momento".
Restando in Italia, si aspettava il flop di Milano?
"Una cosa che mi manca dell'Italia, tra le tante, è la ricerca quasi spasmodica degli eccessi. Se vinci sei Dio in terra, se perdi - magari perché non segni un canestro in un decimo di secondo - sei il coglione che ha rubato lo stipendio. Nessuno può garantire il risultato sportivo anche a fronte dei più cospicui investimenti. Milano rappresenta l'imponderabile, però ogni anno è lì ed è la squadra più importante della pallacanestro italiana. Ha fallito? E allora cosa dovrebbero fare a Mosca? Impiccare tutti i giocatori sulla piazza Rossa? Il Cska ci riprova ogni anno, sempre più incazzati".
Almeno l'avrà sorpresa la finale tra Reggio Emilia e Sassari...
"Nel nostro paese siamo unici nel bene e nel male. Ho paura che Ettore (Messina, ndr) ha ragione quando dice che l'Italia è diventato un paese dove farci solo le vacanze. Parliamo di finale inedita, di sorpresa delle sorprese, in realtà Reggio Emilia e Sassari sono le due squadre, forse le sole, che da tempo hanno lo stesso allenatore in panchina, con un progetto chiaro. Tolte certe variabili, è stata la finale più giusta. Reggio l'ho affrontata in Eurocup, un eccellente mix di gioventù e esperienza, una squadra radicata col suo popolo. Come succede a Bamberg, c'è una comunità che spinge e abbraccia la squadra nel bene e nel male".
Resterà in Germania?
"Ho imparato a non dare nulla per scontato. Ma ho un contratto, sono felice e adoro questo posto. E qui mi vogliono bene".

Repubblica.it
Rodman86
00lunedì 20 luglio 2015 00:17
Piaccia o non piaccia, non dice mai cose banali.

Deve far riflettere la risposta alla domanda relativa alle risorse economiche della serie A. Mancano prima di tutto le idee.
BW81
00lunedì 20 luglio 2015 09:35
Bello anche questo passaggio:

"Iniziamo a mettere nelle posizioni che contano persone che hanno meriti. E per meriti non intendo chi ha vinto perché c'è una grande differenza tra chi ha vinto e chi ha successo. Sono pochi al mondo quelli che hanno vinto, ma c'è tanta gente che ha dimostrato di aver successo, di saper fare il proprio lavoro."
SteveH
00lunedì 20 luglio 2015 14:55
Avevano messo Minucci alla presidenza della Lega, che sembrava un manager capace, salvo scoprire che con i trucchi contabili ha preso per il culo per anni tutto il mondo del basket, compresa l'Euroleague che l'aveva nominato GM dell'anno nel 2008.
maistros
00lunedì 20 luglio 2015 18:16
Re:
SteveH, 20/07/2015 14:55:

Avevano messo Minucci alla presidenza della Lega, che sembrava un manager capace, salvo scoprire che con i trucchi contabili ha preso per il culo per anni tutto il mondo del basket, compresa l'Euroleague che l'aveva nominato GM dell'anno nel 2008.




esatto perché poi la competenza a volte non è facile da distinguere , per me Pasquini è nettamente più bravo di Proli come team manager , ma avendo una quantità di soldi inferiore non può fare gli stessi acquisti. Minucci ha costruito una macchina perfetta ma con soldi non suoi.
Rodman86
00lunedì 20 luglio 2015 18:23
Re: Re:
maistros, 20/07/2015 18:16:


per me Pasquini è nettamente più bravo di Proli come team manager




Va be. Ti piace vincere facile!
SteveH
00martedì 11 ottobre 2016 16:52
Interessante intervista di un mesetto fa, non è incentrata solo su Trinchieri ma si parla. anche di basket a 360°. La parte introduttiva "agiografica" la potete saltare. [SM=g2490502]

“Io ho quel che ho donato”. Andrea Trinchieri ha fatto pace (con la sua intelligenza)
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