Shadow MVP

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Giamila
00venerdì 3 dicembre 2004 20:18
NBA: Shadow MVP - Novembre

03 Dicembre 2004 ore 17:11







Antawn Jamison con la canotta dei Wizards



Parte anche in questa stagione Shadow MVP, una rubrica mensile che vuole mettere in evidenza le prestazioni di quei giocatori che, magari senza essere considerati per premi individuali e senza essere nominati fra i migliori giocatori della lega (i soliti Bryant, Duncan, Garnett...) riescono a fornire contributi decisivi ed essenziali per le loro squadre. Alcuni di loro sono giocatori di importanza riconosciuta, ma ciò che danno ai rispettivi team è sorprendente o comunque oltre le aspettative.
Segue l’elenco in ordine alfabetico dei giocatori scelti questo mese (10), con relativa esposizione della situazione personale e di squadra. Qui sotto la spiegazione delle lettere e delle cifre fra parentesi.

Nome Cognome (squadra, ruolo*, medie stagionali°)


Ray Allen (23,8 ppg/4,2 rpg/4,2 rpg/1,31 spg/45,3% 3ptFG/93,1% FT): ok, non è una sorpresa, ma lo sono le vittorie dei Sonics, arrivate grazie alla leadership di “He got game”. A fine mese c’è stata una leggera flessione, ma dopo il ventello preso a Los Angeles dai Clippers (!!) nell’opening game, la serie di nove vittorie di fila è stata interrotta solamente a Boston, e un’ulteriore serie di quattro è stata fermata da Portland al Rose Garden, per un record di 13-3 nel mese appena terminato. Non si può certo dire che i Sonics siano così super grazie alla difesa, e per questo i suoi punti e assist, con le buone percentuali, rivestono un’importanza assoluta.

Carlos Boozer (Utah, F-C, 19,7 ppg/10,2 rpg/2,6 apg/51,8% FG/80% FT): l’ex Duke, partendo sempre in quintetto, ha fornito un gran contributo ai Jazz soprattutto negli incontri disputati lontano dallo Utah, migliorando, rispetto alla scorsa stagione, punti, assist e percentuali, strappando comunque un eccellente numero di rimbalzi. Al momento, oltre ad essere il migliore dei suoi nella percentuale dal campo, è il maggior scorer e rimbalzista del team; per questo ha decisamente la precedenza sul pariruolo Mehmet Okur e piuttosto che sostituirlo, coach Sloan preferisce far sedere in panchina il centro titolare Jarron Collins e affiancare sotto canestro l’ex Cleveland proprio al lungo turco.

Primoz Brezec (Charlotte, C, 11,9 ppg/6,3 rpg/1,2 apg/81,1% FT): primo giocatore in questa rubrica che nelle stagioni passate non toccava nemmeno il campo. L’impressione è che invece d’ora in poi lo sloveno sarà ospite fisso in queste righe, non come buon giocatore che si eleva a livelli di All-Star, ma come cestista mediocre che diventa importante per la propria franchigia, ovvero il perfetto Shadow MVP. Molti, a ragion veduta, gli consigliavano di tornare in Europa per provare a guadagnarsi qualche minuto di parquet, invece che rimanere ai Pacers a fare panchina. Qualcuno ora potrebbe anche sostenere che se n’è andato proprio nel momento sbagliato, perché Jermaine O’Neal è stato così gentile da lasciare qualche decina di partite di spazio alle seconde linee. In ogni caso, forse perché gli piace il mondo a stelle e strisce, o forse per gran caparbia, ha voluto riprovarci, e Bernie Bickerstaff lo ha premiato, facendone il suo centro titolare e soprattutto un giocatore finalmente rispettato nel mondo NBA. Tra le cifre, universalmente diverse rispetto al passato, spicca l’ottanta per cento abbondante nei tiri liberi, non male per uno che porta in giro 216 centimetri. Non di minor importanza il fatto che punti, rimbalzi e percentuali sono statisticamente più alti nelle partite dopo le quali i Bobcats festeggiano.

Antonio Daniels (Seattle, G, 12,8 ppg/2 rpg/4,4 apg): altro “guy” che veste la divisa dei Supersonics. Infatti, Ray Allen e l’ottimo sophomore Luke Ridnour devono pur riposarsi qualche istante. E allora? Allora coach McMillan mette in campo il versatile play-guardia di Columbus, che provvede a segnare canestri importanti e ad addossarsi anche gli oneri di regia. Tant’è vero che nelle partite vinte (quasi tutte in effetti), le sue medie sono quasi doppie rispetto alle sconfitte. La percentuale da tre non è eccelsa, ma questo tipo di contributo, dalla panchina in poco meno di 28 minuti a partita, è fondamentale.

Antawn Jamison (Washington, F, 23,6 ppg/9,4 rpg/2,5 apg/ 1,17 spg/84,1% FT): non è l’unico dei Wizards che avrebbe potuto trovare spazio in queste righe ma gli altri, Arenas e Hughes, lo hanno già trovato in passato, e proprio per questo non sono più così soprendenti (anche se la tripla doppia dell’ex Philadelphia non è proprio da buttare…). Al contrario Jamison, sempre titolare, sta facendo registrare le migliori cifre in carriera, dimostrandosi complementare ai due ex compagni nei Warriors. Da giocatore principalmente interno qual’è, lascia gli oneri perimetrali ai compagni, occupandosi di gioco vicino a canestro e di rimbalzi, procurandone in grande quantità. Se questo trio continua così, e “gregari” come Hayes, Haywood e Dixon provvedono al resto, nella capitale possono sperare di gustarsi, non solo alla fine di questa stagione, un bel po’ di partite di postseason.

Kyle Korver (Philadelphia, G-F, 13,5 ppg/4,5 rpg/2,2 apg/1,8 spg/50% FG/46,2% 3pFG/86,7% FT) : il biondo californiano dei Sixers, dopo averlo già dimostrato nella passata stagione, si conferma gran tiratore ma mostra di essere diventato un attaccante più completo e uno dei compagni a cui Allen Iverson preferisce dare la palla. Al contrario di Stackhouse (il prossimo della lista), Korver gioca meglio tra le mura amiche, ma come la guardia dei Mavericks le sue statistiche sono più importanti nelle gare da cui i Sixers ricavano una “W”. Da non sottovalutare inoltre il numero di rimbalzi che strappa.

Jerry Stackhouse (Dallas, G-F, 14,1 ppg/3,2 rpg/2,3 apg/1,06 spg/83,5% FT): i Mavericks, colti alla sprovvista da alcuni infortuni e con un Erick Dampier che non sta strabiliando, stanno trovando dalla panchina nell’ex Detroit ed in Jason Terry le armi per rimanere a galla, sperando di poter prima o poi accelerare. Oltre alle medie del mese, spiccano tra le sempre ambigue statistiche altre tre voci: oltre a giocare clamorosamente meglio fuori casa che all’American Airlines Center, le cifre di Stack sono migliori nelle partite vinte e in quelle tra loro ravvicinate. Insomma, se Jerry ha tempo di dormirci sopra troppo, non riesce a dare il meglio di sé. Male solo le percentuali, anche se non è poco, perché prende molte conclusioni. Ah, forse qualcuno sta pensando “ma guarda questo che non menziona Nowitzki…”. Mi dispiace ma questa è Shadow MVP.

Amare Stoudemire (Phoenix, F-C, 26,2 ppg/9,1 rpg/1 apg/2,14 bpg/57% FG): che dire? Mike D’Antoni ha fatto centro in tutti i sensi. Infatti l’ex coach della Benetton, trovandosi con Nash, Joe Johnson e Q Richardson come possibili esterni titolari, ha preferito mettere tutto il talento possibile in quintetto spostando Shawn Marion nella posizione, a lui comunque congegnale, di ala forte, utilizzando Stoudemire come centro. L’ex Cypress Creek High ha risposto con cifre da vero MVP, che lo hanno fatto stazionare per diversi giorni al primo posto della classifica dei marcatori. Strepitoso soprattutto fuori casa, non granché solamente negli assist e dalla lunetta.

Stromile Swift (Memphis, F, 12,3 ppg/6,8 rpg/1,1 apg/1,83 bpg/80,7% FT): come di routine da ormai qualche anno, le orecchie dei dirigenti dei Grizzlies rimangono sempre aperte sul mercato per un possibile interessamento nei confronti dell’ex Louisiana State, ma lui ha deciso di rimanere ancora una stagione e sta onorando il contratto con gran professionalità, che è più che altro una gran voglia di giocare supportata da capacità fisico-atletiche non comuni. Ed anche lui, come molti in questa rubrica, dà il suo apporto partendo spesso dalla panca, anche se va statisticamente meglio da “starter”, preferibilmente fuori casa.

Chris Wilcox (L.A. Clippers, C, 13,7 ppg/6,8 rpg/1,3 apg/52,6% FG): nei sorprendenti Clips di questo avvio di stagione c’è anche il suo zampino. Infatti il roccioso lungo, già presente in questa rubrica nella passata stagione, si mette ancora in evidenza per una solidità ed una continuità che lo rende competitivo ai massimi livelli. Logicamente non gli si possono chiedere trentelli o molti assist, ma la sua consistenza sotto le plance è più che sufficiente con un compagno talentuoso come Elton Brand a fianco. Emula Stackhouse nelle prestazioni esterne, migliori di quelle casalinghe, mentre un problema potrebbe essere rappresentato dalle cifre che fa registrare nelle sconfitte, molto maggiori di quelle che produce nelle vittorie. Ma in sua discolpa è necessario anche riportare la differenza di minutaggio, molto superiore proprio nelle partite da cui i losangelini escono con la “L”, che fa sì che l’ex Maryland metta a posto le statistiche negli ultimi minuti degli incontri virtualmente chiusi.




* G=guardia F=ala C=centro
° ppg=punti rpg=rimbalzi apg=assist spg=recuperi bpg=stoppate FG=tiri dal campo 3pFG=tiri da tre FT=tiri liberi



da www.basketnet.it
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