L.A. Confidential: La verità su Kobe e le parole di Buss
Kobe Advisory system.
Dovevo aspettarmelo. E' questa l'ultima grande invenzione del L.A. Times inpegnata in una battaglia mediatica senza precedenti.
Prima pagina sportiva del giornale più popolare nella Città degli Angeli. La novità del giorno è servita: un grafico che riproduce esattamente quello, drammaticamente tanto in voga, per gli attacchi terroristici.
Cinque livelli, corrispondenti a cinque colori e a cinque categorie di tolleranza.
Si parte dal livello di allerta grave, colore rosso, con la frase "Addio L.A.", si scende a livello di allerta alto (arancione) dove viene riportata la frase " Andrò a giocare su Plutone", poi il livello elevato, color giallo, accompagnata dalla frase "Non parlo con i giornalisti", il livello blu, cauto, dove Kobe dice "Il mio lavoro è giocare a basket" per chiudere con il verde, livello di allerta basso, dove la frase è "Sarò un Lakers a vita".
Se ogni giorno volete avere il polso della situazione, fate come me, e con un semplice clic
www.latimes.com/sports/basketball/nba/lakers/ trovate il livello d'allerta.
Quello che impressiona, mentre tutto il mondo è impegnato a scrivere di telenovelas immaginarie che spesso pescano nella fantasia, è che da questa parte dell'Oceano si ha un'altra dimensione del caso.
HATE ME OR LOVE ME
Il passato, il presente e il futuro di Kobe Bryant si riassume in quest'unica frase. Non ci sono e non ci sarà mai una via di mezzo, troppo facile, troppo scontato. Si passa in un attimo da migliore giocatore NBA punto e basta a giocatore egoista, invidioso, presuntuoso o come gli Americani riassumuno in un unica splendida parola "ballhog".
Chi vi scrive, Kobista convinto se c'è ne uno, pensa che il problema sia altrove, chi siede al banco dell'accusa pensa che il problema sia lui.
Il dato di fatto è un'altro. Se fino all'altro ieri la legione dei Kobisti convinti era di gran lunga superiore, con l'estate le percentuali si sono clamorosamente ribaltate.
Kobe era il re di Los Angeles, anche se il suo regno e il trono era scricchiolato e non poco dopo la dipartita di Shaq, adesso non più.
Chi lo vedeva egoista e presuntuoso ha avuto una conferma, mentre i tanti che lo amavano si sono sentiti traditi dalla famosa frase "Piuttosto che restare vado a giocare su Plutone" che ha colpito il cuore gialloviola.
La chiave di tutto comunque resta Buss e la società che non da l'idea di avere, forse per la prima volta nella sua storia, le idee chiare divisa internamete da piccole lotte che stanno deflagrando in una programmazione sbagliata.
KUPCHAK WHO?
Inutile dire che il grande imputato degli insuccessi Lakers resta lui. Persona splendida per carità e sempre molto gentile e di una disponibilità disarmente (spesso mi sono ritrovato a parlare con lui al buffet pre gara) ma chiaramente ognuno va giudicato per il lavoro che svolge e in uno sport e una città come questa uno solo è il metro di giudizio: le vittorie.
E qui si tocca un tasto dolente. Tutti giudicano, e non a torto, i successi del 2001 e 2002 figli di West, con Kupchak che ha dovuto solo tenere il timone di una nave che andava spedita. I limiti sono usciti proprio dove dovrebbe emergere la grandezza di un GM: scambi e programmazione.
Avesse vinto l'anello la squadra con Payton e Malone, Kupchak avrebbe argomenti validi in sua difesa, il fallimento di questa operazione ha segnato l'inizio della fine.
Tre i grandi erorri: Primo: giudicare Wade doppione di Kobe nello scambio Shaq e salutare Butler dopo un anno; Secondo: non prendere Kidd in inverno; Terzo: l'imbarazzante e impotente immobilismo estivo quando, anche le maestre d'asilo di Venice Beach, sapevano che i gialloviola neccessitavano di un innesto importante.
Mi fermo qui e non parlo di acquisti perchè sarebbe come sparare sulla croce rossa visto la serie di buchi fatti dal nostro.
Se poi aggiungiamo che Kobe non ha mai amato più di tanto Goofy ( il nome americano del personaggio diseyano di Pippo con cui la stampa chiama scherzosamente, e non, Kupchak) e le reiterate richieste del numero 24 di riportare West sulla "sua" poltrona abbiamo la certezza che l'amore fra i due non scoppierà mai.
QUANDO BUSS PARLA...
Come un fulmine a ciel sereno sono arrivate, dalla splendida cornice delle Hawaii ritiro storico precampionato dei gialloviola, le parole al veleno di Jerry Buss dopo un'estate dove ha fatto più che altro il paciere, lavorando nell'ombra (famoso l'incontro a Barcellona quando, con Bryant sul piede di guerra e con valigia pronta è stato ricucito un rapporto che sembrava compromesso).
Come in tanti han fatto notare Buss, abile giocatore di poker e maestro del bluff sui tavoli verdi che tanto ama, quando parla di pallacanestro raramente bluffa.
I precedenti illustri che ci vengono incontro negli ultimi anni sono tanti, peschiamo nel mazzo.
2004, periodo di rinnovo per Jackson, disse "Ci sono momenti in cui sembra non gli piaccia allenare", 4 mesi dopo divorzio Lakers - Jaks.
Stesso anno problema Shaq "Vogliamo capire qual'è il suo spirito e non capiamo se vuole rimanere". 5 mesi dopo Shaq era a Ocean Drive.
Estate 2004 rinnovo Kobe "Rimani con le persone che ti amano, rimani nella città che ti ama".
2005 primi scricchiolii di Kobe sul trono, Buss cancella ogni dubbio " Non scambierò mai Kobe a meno che non arrivi qualcuno e mi metta sul piatto la loro frachigia, la loro arana e la loro città per averlo".
Nel 2006 le cose vanno a gonfie vele e Buss dichiara, investendo definitivamente il 24 "non siamo mai stati di comune accordo come ora".
Fino ai giorni nostri, quando a scenario calmorosamente mutato, Buss si è detto pronto ad ascoltare qualsiasi offerta per una trade, mostrando, senza mezzi termini, la porta d'uscita alla stella da Lower Marion.
Il problema, come mi confermano fonti vicine, è che Buss si è stufato di tutti questi capricci e ha preso molto male e mal digerito lo sfogo di giugno della sua stella. Sembra che il ridicolizzare l'organizzazione, e le continue tensioni fra il figlio Jim e Kobe che non si sono mai amati, abbia messo in imbarazzo Buss che si è sentito screditato.
Da qui le parole di rabbia che suonano come una condanna.
BRYANT - BUSS TENSION GOES FROM DRAMA TO FARSE
Quello che sconvolgle nella Città degli Angeli è l'attacco mediatico senza tregua che la stampa sta lanciando contro Kobe, ridicolizzandolo, accousandolo di qualsiasi cosa ("When it comes to babies, Lakers is not charmer" uno dei titoli) fino all'apoteosi quando il vero, ripeto vero infortunio, ha tenuto Kobe lontano dagli allenamenti scatenando ogni tipo di ironia.
In 15 anni di Los Angeles non avevo mai assistito ad una attacco mediatico contro un singolo giocatore di questa portata, con la carta stampata, liberata dalle parole dell'Owner, che sta riducendo tutto a canzonatura e tratta l'argomento con l'ironia e il sarcasmo con cui ci si rivolge a un bambino viziato.
Ieri, il rientro in campo nella amichevole vinta contro Seattle e la dichiarazioni tanto attese, dopo una settimana travagliata, che non potevano essere altro che distensive. " Perchè dovrei sbattere la testa ogni giorno contro il muro? Non c'è molto altro da aggiungere, ovvio che le parole di Buss mi hanno scosso, ma non è il mio lavoro occuparmi di cosa fa il managment. Io ho espresso la mia frustrazione durante l'estate, poi non ho aggiunto più nulla".
Finalmente fra 11 giorni si ricomincia a giocare sul serio e l'impressione è che il caso Kobe sia destinato a sgonfiarsi per poi tornare d'attualità con l'inizio della prossima estate.
Sia chiaro che scambiare un giocatore simile dal punto di vista economico non è una cosa semplice, e mi fanno sorridere tutti i discorsi che volano in questi giorni.
Il giocatore ha un contratto con i Lakers per i prossimi 4 anni che chiama per 88,6 milioni di dollari da cui puo' uscire fra due stagioni (e lascierebbe sul tavolo 47,8 milioni) con una "trade kicker" di 9,6 milioni di dollari.
Appare chiaro che piuttosto di perdere uno dei giocatori più eletrizzanti della storia per nulla, l'ultima chiamata logica per una trade sarebbe la prossima estate ma è anche ovvio che i Lakers faranno di tutto, nonostante le parole di Buss, perchè cio non accada.
JACKSON CONTROLLA E PUNGE GARNETT
Stranamente assente nella diatribra Jackson (anche lui in scadenza), che osserva tutto con la consueta tranquillità dalla sponda del fiume. Per non sapere ne leggere ne scrivere e, per mantenersi in forma, la polemica della settimana la rivolge a Garnett reo di non aver accettato l'offerta gialloviola in estate.
"Da che pulpito parla?" chiede serafico il coach Zen " Dice che vuole vincere e non ha mai vinto niente, dice che non è venuto a Los Angeles perchè non vede chiarezza nel futuro......ma conosce la storia di questa franchigia? Mai nessuno ha vinto più di Jerry Buss".
Tradotto dalla Zen: brucia, oh se maledettamente brucia il rifiuto di Big Ticket!!!
Tornando al discorso Bryant, che occupa notiziari e discussioni in una Los Angeles baciata dal sole, la situazione attualmente non è delle più semplici e sale l'attesa per vedere con che spirito Kobe si presenterà al debutto.
A sua difesa va ricordato che al giocatore in sede di rinnovo contrattutale è stato promesso, e ve lo possono confermare tutte le fonti che volete all'interno dell'organizzazione Lakers, che non si sarebbe parlato di programmazione futura ma si sarebbe pensato anno per anno ad allestire la squadra migliore per vincere.
Ovvio che fra il dire e il fare c'è di mezzo, in questo caso, l'Oceano, ma chiunque sa, che negli ultimi 4 anni è stato sbagliato lo sbagliabile.
Ora, dimentichiamoci quanto guadagna Kobe, e mettetevi nei suoi panni e nel suo orgoglio da campione (che da sempre è proporzionale al talento, quindi smisurato). Se dopo anni di promesse non mantenute vi ritrovaste al punto di partenza con poca luce in fondo al tunnel non sareste, perlomeno, arrabbiati?
L'infurtunio è servito ad buttare benzina sul fuoco delle polemiche. Nessuno dell'entourage Lakers ve lo dirà mai, ma giungono spifferi che dei 3 giorni saltati di allenamento, dopo due il 24 era abile e arruolato ed abbia accentuato la cosa infastito dalla bufera mediatica.
La frattura fra Kobe e la stampa sembra cosa insanabile e in una città dove lo showbiz è tutto non è cosa da poco.
Fino a giugno, volenti o nolenti, kobisti e non, il Bryant show andrà in onda sulle sponde del Pacifico.
Come cantava 2pac Shakur, altro re nero e altro splendido solista della Citta degli Angeli:
"Me against the word" .... da quando Kobe ha messo piede nell'NBA è scritto nel suo destino.
Pisani Zeno
pisanizeno@cheapnet.it
P.S: il livello di oggi del Kobe Allert System è blu, per oggi i tifosi gialloviola dormono sonni tranquilli