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SUPER NUTRIZIONE: PARTE 3 – UN MONDO DI ZUCCHERI E CARBOIDRATI - LINGUAGGIO ALIMENTARE

Ultimo Aggiornamento: 24/05/2013 16:07
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19/04/2012 23:11

UN MONDO DI ZUCCHERI – GLI ALIMENTI COME LINGUAGGIO DI PROGRAMMAZIONE


Qualche info ulteriore

Ormai ci possiamo fare poco, è un dato di fatto, noi viviamo in un mondo di zuccheri, il glucosio è la molecola organica più comune.

Ci sono due modi con cui le grandi aziende produttrici facilitano il consumo di zuccheri.

Il primo modo è di nasconderlo, cos’è che vogliono di più i bambini? Il latte intero o il latte con la cioccolata? Acqua gelata con lime o un litro di acqua fresca di montagna? Il prodotto finale della corsa al nascondiglio perfetto si traduce nella creazione dell’energy drink, una bomba di zuccheri, carboidrati e caffeina, del tipo che manca solo la siringa.

Il secondo modo è chiamare gli zuccheri con nomi diversi:

Zucchero di canna
Sciroppo di mais
Sciroppo di mais con fruttosio
Fruttosio cristallino
Fruttosio
Saccarosio
Malto
Sciroppo di malto
Sciroppo di malto d’orzo
Estratto di malto d’orzo
Maltosio
Maltodestrine
Destrosio
Sciroppo d’acero
Sciroppo di riso
Succo di barbabietola
Zucchero muscovado
Sucanat
Zucchero turbinado
Zucchero invertito
Ecc. ecc.

Se siete curiosi dei nomi qui sopra, potete ritrovare ciascuno di essi su google, tutti i nomi menzionati sopra sono convertiti in glucosio o glicerina (la glicerina attiva la produzione di grasso corporeo).

E’ fondamentale non prendere alla leggera queste variazioni e questi stratagemmi commerciali, lo zucchero costa poco…e riuscire a controllarlo come abitudine alimentare non è solo difficile come scelta ma lo è anche a livello pratico….togli i biscotti e ce n’è nel condimento dell’insalata, togli lo zucchero dal caffè e te lo ritrovi nel sushi che compri al supermercato, togli la coca cola e te lo ritrovi moltiplicato nei succhi d’arancia 100% .
Da notare, molti di voi pensano che gli zuccheri abbiano un potere calorico minore dei grassi, e questo in soldoni è vero...tuttavia ricordatevi che quando viene dissolto in acqua lo zucchero occupa un volume pari a 1/5 dell'originale, questo significa che per un cucchiaino da tè di sciroppo concentrato puoi ritrovarti dei valori assassini da 80-90+ calorie....e ricordatevi che questo stratagemma i produttori di dolciumi lo usano tutto il tempo....non basatevi solo sulle calorie.

I Carboidrati

Ora, cosa succede quando i produttori di zucchero falliscono a venderlo? Semplice, ricorrono al “piano B”, i carboidrati.
Coloro che amano la pasta mi odieranno per quello che dirò: Per quanto riguarda la gestione corporea, i carboidrati sono zuccheri....bravissimi, una delle sorgenti più abbondanti di zuccheri non è dolce.

Forse alcuni di voi hanno familiarità con il termine”Sugar High” ….mangi un paio di pezzi di dolce e dopo un periodo iperattivo ti ritrovi letargico con dei livelli di energia sotto il pavimento....e immediatamente l'istinto è di mangiare dell'altra torta per rimetterti in sesto...e il ciclo ricomincia daccapo.....e questo sfocia in una vera e propria dipendenza come se ne ha con l'alcool e con la droga.

Gli zuccheri sono dei carboidrati “semplici”.
Prendi un gruppo di zuccheri, li leghi assieme e ci tiri fuori un “amido”, un cosiddetto carboidrato “complesso”.
Si parla tanto di quanto i carboidrati complessi siano molto meglio di quelli semplici...come se fossero chissà quale altro tipo di cibo, parlando ad un livello prettamente nutrizionale parliamo della stessa cosa, l'unica differenza fra carboidrati semplici e complessi è la velocità con cui vengono convertiti in glucosio, da cui deriva la velocità con cui questo glucosio entra nel sangue.
Questo significa che per una persona che ha il diabete, se gli dici di mangiare dei carboidrati complessi la mattina per colazione è un po come dire ad un alcolizzato di regolare il proprio consumodi alcool bevendone un poco la mattina.. O_o .

Quando mangiate la pasta o un cracker, la sensazione che si ha è che non si sta mangiando niente di “colpevole”, poiché non hanno un sapore dolce come le caramelle.
Questi stessi cibi se lasciati per un po' di tempo in bocca a contatto con la saliva oppure in seguito alla digestione le molecole di amido tornano ad essere esattamente quelle stesse molecole che vi trovate nello zucchero.
Vi siete mai mangiati un pacchetto di crackers? Ok, avete mangiato un pacchetto di zuccheri, ne più ne meno, con la differenza che la velocità di assorbimento è più lenta.
Il succo del discorso è che mangiare amidi o mangiare zucchero, alla fine dei giochi il corpo finisce ugualmente per “assorbire” zucchero.

Parentesi un pelo tecnica: tutti i carboidrati sono composti da molecole singolari di zucchero chiamate “monosaccaridi”.
Lo zucchero da tavola è composto dai monosaccaridi “glucosio e fruttosio” legati insieme creando il “saccarosio” che è un cosiddetto “disaccaride”.
I monosaccaridi e i disaccaridi sono considerati zuccheri semplici.
Gli amidi si ottengono quando centinaia di monosaccaridi si uniscono, per questo prendono il nome di “complessi”.

Un buon modo per prendere in mano la situazione è adottare uno stile di vita low carb, approcciando il “problema” con una introduzione giornaliera di carboidrati non superiore ai 100 grammi.
(100 grammi possono essere un piccolo piatto di pasta, 4 pezzi di pane, 2 mele, ecc ecc)
In teoria si potrebbe tenere il limite più basso, in particolare per coloro che devono dimagrire, ma essendo che ognuno è più o meno abituato a mangiare i carboidrati, per queste persone scambiare improvvisamente regime alimentare dall'oggi al domani è estremamente controproducente, nel senso che in quei casi specifici se il corpo ha un cibo che battezza come “predefinito”, toglierglielo dall'oggi al domani ha l'effetto di mandarlo in uno stato a dir poco letargico. ( Tiroide, a causa della trasformazione dell'ormone “T4” in “RT3” anziché “T3” come normale ).

La soluzione? Andare per gradi.



Calorie: un approccio alternativo - "linguaggio di programmazione alimentare"

In linea generale, la visione che più viene seguita in ambito nutrizionale è la formula

“Calorie in – calorie out = accumulo o consumo di massa”.

Le persone che appoggiano questa posizione sostengono che questa regola è dettata dalle leggi della “termodinamica”.

Ebbene, sarebbe una cosa molto utile rivalutare questa posizione, alla luce del fatto che il corpo umano non è né inanimato, né un laboratorio, né un ambiente “controllato” e né un sistema chiuso.

Il motivo principale del dubbio nei confronti dell'applicabilità di quella legge è dato dal fatto che le “calorie out” non sono un valore così semplicemente calcolabile come ci viene fatto credere, ci sono una moltitudine di fattori che influiscono sul consumo calorico, ad esempio:

- sonno
- tossine (tabacco, alcohol, ecc.)
- sensitività al cibo
- medicinali
- stress
- qualità della vita
- ormoni
- menopausa
- età
- sbilanciamenti alimentari passati (anoressia, bulimia, digiuno
- prolungato, ecc ecc.)
- Ecc.

Così ci si ritrova a parlare con un personal trainer, e gli dici “che strano, ho mangiato esattamente quello che mi hai detto di mangiare e mi sono allenato come da tue indicazioni ma non ho perso peso”.
A questo ci si sente rispondere “è impossibile, eri in deficit calorico, avrai mangiato qualcosa e te ne sarai dimenticato!”.
…E da li ricomincia il giro dell'oca.

Proviamo a ribaltare la frittata, proviamo a vedere il prendere peso e il perdere peso come una reazione ad un'informazione.
Come ci insegna l'epigenetica, il cibo non è semplice carburante, è un linguaggio vero e proprio che programma il modo in cui funzionano le nostre cellule e il nostro organismo.
Ingrassi? È perchè mangi dei determinati cibi e svolgi determinate attività che trasmettono il messaggio al corpo “devi aumentare di peso”.

Un esempio di “messaggio” ce lo possono dare gli acidi grassi Omega-3 e Omega-6 .
A livello molecolare sono quasi identiche, eppure possono avere un effetto sulle nostre cellule che è diverso come dal giorno alla notte.

Nel 1995 una giornalista chiamata “Jo Robinson” (http://www.eatwild.com/jo.html) ebbe una conversazione con uno scienziato che studiava un processo biologico chiamato “apoptosi”, un particolare processo nel quale una cellula danneggiata riconosce un'utilità di se stessa più negativa che utile e decide per questo di “suicidarsi”.
L'esperimento che fece era di “alimentare” direttamente dei tumori in dei ratti tramite iniezione, il mezzo era un catetere.
Il risultato fu che iniettando l'acido grasso omega 3 la crescita rallentava, si fermava e poteva addirittura invertirsi, iniettando l'acido grasso Omega 6, la velocità di crescita del tumore aumentava di ben quattro volte!.
A livello calorico i due acidi grassi sono equivalenti, per quale motivo uno ne rallentava la crescita mentre l'altro l'aumentava a dismisura?.
Chiaramente la differenza di crescita era regolata da qualcos'altro che non semplici calorie, questo suggerì alla Robinson che forse c'era la possibilità che una delle cause del cancro potesse essere lo sbilanciamento fra gli acidi grassi.
Dopo aver chiesto informazioni in merito a quali cibi contenessero questi acidi grassi specifici, la risposta fu che:

- Omega 3: uova, pesce, piante che l'uomo non mangia più come il lino.
- Omega 6: Soia, mais, olii vegetali trattati, animali allevati con mangimi derivati da queste componenti. (vi suona un campanellino? [SM=x52092] )

La Robinson seguì a ruota queste considerazioni con un libro intitolato “The Omega Diet” (la dieta Omega) che descriveva in dettaglio il processo scoperto e sottolineando il fatto che nel paleolitico il consumo di omega 3 era molto maggiore.

Detto questo, di quanto ho scritto qui sopra a noi interessa un particolare non indifferente, ossia il fatto che le nostre cellule sono molto sensibili alla natura del messaggio chimico che mandiamo loro ogni volta che mangiamo.
Questo significa che alterando quello che mangiamo possiamo controllare il comportamento delle nostre cellule, compreso il loro trasformarsi in cellule cancerogene.
Non solo! La chimica delle cose che mangiamo dice alle nostre cellule quando dividersi, che tipo di proteine produrre e addirittura che tipo di cellula “diventare” ( Jaenisch, R. Epigenetic regulation of gene expression: how the genome integrates intrinsic and environmental signals. Nature Genetics. 33, 245-254 (2003) ).

L'altro parametro oltre al cibo sono le nostre attività quotidiane e il nostro ritmo in termini di sonno, tutte queste cose generano dei messaggi a se stanti.

Questo significa che, secondo quest'ottica, il mantenersi in buona salute è legato alla tipologia e alla qualità nutrizionale del cibo che si ingerisce, al livello di “infiammazione corporea” (cibi raffinati, zucchero, eccesso di carboidrati, olii vegetali), lo stress e il livello di attività fisica.

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In uno dei prossimi articoli (nello specifico “i quattro pilastri dell'alimentazione”) introdurrò qualche cibo nutrizionalmente “tosto”.
Dico “tosto” nel senso che porta il livello nutrizionale di un individuo a livelli estremamente elevati, calando nel contempo la massa grassa e migliorando notevolmente le situazioni anomali presenti.
Uno dei motivi per il quale preferisco “questi” quattro pilastri (su molti siti i 4 pilastri sono riferiti a qualcos'altro, io mi riferisco ai 4 pilastri enunciati dalla Dr.ssa Catherine Shanahan nel suo libro “Deep Nutrition”, un libro non tradotto che è una delle mie fonti principali, per chi potesse essere interessato ) è dato dal fatto che presenta una notevole somiglianza con le conclusioni a cui era arrivato Weston A. Price nella sua incantevole opera “nutrition and degeneration”. ( uno dei pochi libri che conosco dove, su amazon, il livello di recensioni sia di 5 stelle su 5, nonostante l'alto numero di voti, libro tramite il quale ho iniziato la mia sperimentazione sui denti ).
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19/04/2012 23:40

Grande:)))

aggiungo uno spunto per le tue ricerche sensazionali!!

Carboidrati non amilacei..brutte bestie!
Di maggior interesse per i nutrizionisti è l’effetto negativo sulla digestione di alcuni carboidrati quali le pectine, i β-glucani ed i pentosani.
nei giovani so la soggetti la presenza di questi carboidrati nell’alimento riduce notevolmente la utilizzazione digestiva in quanto creano una certa viscosità del contenuto intestinale che limita la possibilità di assorbimento dei nutrienti da parte dell’orletto a spazzola delle cellule dell’epitelio intestinale.

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19/04/2012 23:42

vedi anche xilani e alfagalatto saccaridi
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ringrazio Domenico per il preziosissimo contributo. =)
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15/05/2012 18:01

a quando per la parte 4?
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15/05/2012 19:26

ci vorrà del tempo, sono pieno zeppo di impegni...trovo difficile pure riuscire a visitare regolarmente il forum :P sce provo sce provo =)
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24/05/2013 15:54

scusa, volendo approfondire, quali sono questi messaggi che invia il cibo? o meglio come capire che tipo di messaggio invia un determinato cibo piuttosto che un altro?
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24/05/2013 16:07

Il discorso è che il messaggio che genera un certo tipo di cibo dentro di te non è lo stesso messaggio che genera un quello stesso cibo in un'altra persona, e questa è una cosa molto profonda: mangiare è un percorso di conoscenza personale, MOLTO personale.

Il tipo di messaggio che ti invia un certo determinato cibo è una cosa che puoi osservare empiricamente in base agli effetti che genera sul tuo corpo.
Io penso, personalmente, che il modo migliore per capire è assumere un certo tipo di cibo in modo singolo, da solo e senza condimenti di sorta, e fare la stessa cosa con una serie di cibi per capire come influenza il nostro modo di essere, sia a livello fisico che mentale.

Il test per le intolleranze ti mostra solo le sensibilità elevate e nette, eppure anche quelle minori nella vita di tutti i giorni hanno un certo impatto, magari facendoti sentire più goffo nei movimenti o più assonnato.

Pensa, ad esempio, che una persona potrebbe dimostrare sintomi di celiachia anche se non fosse allergica o intollerante.

E' nostro diritto stare bene, ed è nostro dovere perseguire questa condizione, fosse anche per il semplice rispetto che nutriamo verso noi stessi.
[Modificato da Mourne 24/05/2013 16:08]
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